Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Il Battista deve distinguersi da colui che annuncia e quando lo fa, immediatamente stabilisce una gerarchia: è più forte di lui.
Dominio, superiorità, potenza incontenibile.
Spazzerà l'aia, brucerà la pula.
Il criterio di distinzione è la forza.
Giovanni si fa da parte perché arriva uno più forte.
Anzi, perché arriva uno che sta sopra di lui.
La gerarchia, il criterio più mondano che ci sia.
Quello che crea disparità, privilegi, ingiustizie.
Quello che distingue le persone in base a diverse qualità di valore.
Che mondo sarà quello di un Messia simile?
Il suo regno potrà essere diverso da quelli del mondo?
Non sarà l’ennesimo dominatore, semplicemente «il più forte»?
Che salvezza potrà mai portare?
Si volta pagina e la scena del battesimo è di tutt'altro tenore.
C’è un popolo, anzitutto, non un uomo solo al comando.
Un popolo intero e Gesù in mezzo a loro, senza alcun segno di distinzione.
Nessuna superiorità, nessuna esibizione di potere, nessuna gerarchia.
I piedi sulla stessa riva, immerso nella stessa acqua, penitente per lo stesso battesimo.
E poi la voce dal cielo.
Un fatto intimo, nel racconto di Luca.
Una intuizione interiore che gli consegna in dono la consapevolezza più bella che si possa avere.
Figlio, amato, delizia del mio cuore.
La voce che viene dal cielo non lo chiama principe, re, castigatore.
Non gli assegna una missione, non lo pone a capo di un esercito, non gli consegna un piano di conquista.
È solo una voce che dice «ti amo».
È questa parola che qualifica il suo essere e il suo stare al mondo.
Questo è ciò che dà vita e costituisce l’esistenza: una parola che dice «ti amo».
Di questo Gesù farà il cuore della propria missione.
Chiunque incontra la sua umanità ascolta quella stessa parola risuonare nella sua carne, nella sua voce, nel suo tocco.
Che siano amici, nemici, pubblicani, prostitute, lebbrosi, ciechi, ladri, gente comune: dalla sua mano prorompe un’energia che sana e che dà vita.
«Ti amo, delizia del mio cuore».
C’è una potenza vivificante nelle relazioni.
È una vocazione vera e propria a far splendere la nostra umanità.
Il comandamento più grande.
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