Maria di Màgdala stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
I primi cristiani fanno esperienza di un Gesù vivente oltre la sua morte.
Qualcosa di concreto e altresì mistico.
Da lasciare nel campo dell’intuizione profonda, reale e sfuggente al tempo stesso.
Eppure, esperienza.
La narrano e la consegnano a chi verrà dopo di loro, perché possano riconoscerla e riconoscersi.
Nei racconti del Risorto che i Vangeli custodiscono c’è il condensato di ciò che ha significato «incontrare il Risorto» per le prime comunità.
Nei racconti del Risorto di Giovanni c’è sempre qualcuno che si ritrova.
Pietro sulla riva del lago in quel triplice «ti voglio bene» al suo Maestro.
Tommaso davanti alle piaghe aperte dal ferro dei chiodi e della lancia.
Gli apostoli nel duplice «Pace a voi» che il Risorto regala loro insieme al suo Spirito.
Tutti a loro modo si sono persi e si ritrovano come persone, proprio grazie e nell’incontro con il Crocifisso Risorto.
Smarrimenti profondi.
Di quelli radicali che vanno a toccare l’identità profonda della persona.
Che mettono in discussione passato, presente e futuro.
Che scuotono profondamente convinzioni, abitudini, relazioni, consapevolezze, affetti.
Di quelli che rendono drammatico rispondere alla domanda «Chi sono io?».
C’è anche Maddalena tra coloro che si sono persi.
Non è un caso che il Risorto la chiami per nome.
Un gesto intimo, intimissimo.
Giovanni costruisce la scena sullo sfondo del Cantico dei Cantici.
È l’Amato che chiama l’Amata mentre lei lo sta cercando disperatamente.
L’orizzonte è un legame di reciproca, rispettosa, libera accoglienza dell’altro o altra per quel che è e di totale, fiduciosa, impetuosa consegna di sé per come si può.
«Maria» è un atto di restituzione.
Il Risorto ridona a Maddalena ciò che lei stessa aveva donato di sé.
In quella voce, in quel volto, in quell’amore lei si ritrova.
«Non mi trattenere», aggiunge il Maestro.
Non solo ritrovarsi, ma rigenerarsi.
Maria è chiamata a essere in un modo nuovo.
L’amore crea appartenenza e genera libertà.
Maddalena è riconsegnata a se stessa perché sia la donna nuova che la storia la chiamerà ad essere.
Legami in cui ci si custodisce.
In cui si ha la delicatezza umile di essere alleati gli uni gli altri nel ritrovarsi come persone quando la vita ci fa smarrire.
Legami in cui ci si rigenera e si tocca con mano che esiste l’Amore che non muore.
E che l’Amato è vivo.
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