Con questa serie di post, racconto e condivido qualche bellezza raccolta nelle case che sto visitando per la benedizione natalizia delle famiglie. Pensieri, immagini, fatti che diano un spunto di luce in questi tempi in cui sembrano prevalere i toni cupi. 500 parole per volta per sfumare il freddo viola dell’Avvento.
Sogno di andare a Betlemme.
Ci vado con le mani piene delle mie buone opere: la pazienza portata, i gesti d’affetto compiuti, la comprensione esercitata, la misericordia amministrata, la generosità vissuta.
Con benevolenza Gesù Bambino mi sorride. Depongo i miei doni ai suoi piedi e Lui, con un gesto pacato, mi benedice.
Ma cos’è quella sul suo viso? Un’ombra di insoddisfazione? «Devo fare di più», penso tra me.
Ritorno davanti al Bambino Divino con il cuore gonfio delle persone incontrate: giusti e ingiusti, donne e uomini, ricchi e poveri, vecchi e bambini, credenti e dubbiosi.
Li faccio accomodare tutti ai suoi piedi e Lui, compiaciuto, ci benedice volentieri.
No, i suoi occhi ancora non mi convincono. «Ma come, ancora non basta?», mi chiedo con un filo di preoccupazione.
Per la terza volta sono da Lui con le tragedie del mondo negli occhi: guerre, povertà, ingiustizie, violenze, carestie, catastrofi, disastri ecologici, malattie, dolori innocenti.
Butto con stizza tutto davanti a Lui che, con sguardo di compassione, mi benedice.
«No, non ci siamo», mi trovo a commentare incrociando il suo sguardo. Che porterò ora? Sono in pieno affanno.
Ma eccomi di nuovo lì con la riserva dei miei peccati: egoismi, falsità, ipocrisie, orgoglio, ira, arroganza, indifferenza.
Non ho altro. Consegno tutto a Lui che, con fare misericordioso, acconsente e benedice. Mi allontano subito, ormai è chiaro.
Arrivo, infine, a Lui vuoto e spoglio: non ho più nulla da offrire, nulla con cui assicurarmi il Suo favore, nulla con cui farLo contento, nulla che giustifichi lo stare alla Sua presenza.
Mi avvicino imbarazzato a Lui che, da lontano, già mi fa cenno mettendomi fretta.
«Bentornato a casa fratello mio. Entra, il Padre ti attende».
Deve essere stato tutta colpa del piccolo A. e del presepe che aveva appena allestito.
«Qual è la tua statuina preferita?» gli chiedo. Mi indica un omino anziano in ginocchio a lato della grotta, con solo il cappello in mano. «Perchè proprio quella?» «Perchè è la preferita di Gesù» «Ah sì? E da cosa lo capisci?» «Non ha niente da donare» «E secondo te Gesù non ci rimarrà male?» «Secondo me ci rimane male quando i regali non può farli Lui agli altri».
Penso al Vangelo di Giovanni: «A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio».
A Natale, infatti, si riceve in dono un Padre, una casa e dei fratelli da amare. Il dono del Regno.
Se esso è dei poveri, per entrarvi c’è solo un modo: chiedere di essere accolti senza poter offrire nulla in cambio.
Come fa il più povero dei senza fissa dimora.