«Non sarà lasciata pietra su pietra». Di templi, di cuori e di uomini e donne nuovi.
Prima domenica dell’Avvento Ambrosiano.
Mentre il Signore Gesù usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?». Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori. Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. In quei giorni, dopo quella tribolazione, “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo». (Mc 13, 1-13.24-27)
L’angoscia della fine fa di te il cliente perfetto.
Scatta immediata davanti al pericolo imminente la coscienza della perdizione.
Figlia prediletta di quell’idea secondo cui saremmo bacati dall’origine e, per questo, sempre e comunque con qualche motivo valido per rischiare la condanna.
La fine è vicina, non c’è più tempo.
Non sai bene quando, ma sai che può essere dietro l’angolo.
«Sono perduto». «Sono spacciata.»
Daresti qualsiasi cosa per sapere il momento esatto.
Per prepararti, o per tentare la fuga d’anticipo. Si sa mai.
Ancora di più, sei disposto a dar retta a chiunque ti prospetti una possibile salvezza.
Non importa che sia poco plausibile, anzi, più spettacolare e prodigiosa appare, più ti convince.
Se è incredibile, ancora meglio.
«Maestro, di’ a noi, quando... quali segni...?».
A noi, solo a noi - gli dicono i suoi.
Nulla è meglio di un annuncio apocalittico per far funzionare una setta.
Con una mano si brandisce la fine come minaccia e con l’altra si offre la soluzione per la salvezza.
«Badate che nessuno vi inganni».
Occhio, ragazzi - risponde Lui.
Ce n’è in giro di gente che gioca con la paura della fine, non fidatevi.
Il tempio verrà giù e giù dovrà restare perché finisce con me l’epoca dei templi.
Ma verranno altri che non si arrenderanno e ne costruiranno ancora, di religiosi e non.
Alcuni saranno fatti di pietra e cemento, ma altri di pensieri e dottrine, altri ancora di suggestioni e illusioni, oppure di rituali e cerimonie, certi saranno fatti di appartenenze e militanze, altri di precetti e principi, altri infine templi di emozioni e sentimenti.
«Nel mio nome vi diranno “Io sono”». Il Nome di Dio.
Pronunceranno il nome di Dio nel loro tempio, vi diranno che è dalla loro parte, che quello sarà l’unico luogo in cui potrete trovarlo, che dovrete solo ascoltare ciò che vi insegneranno e fare ciò che vi diranno.
D’altronde avere un tempio fa comodo.
Nel caos della storia degli uomini avere un punto certo al centro di un paese, di una città, di una nazione è perfetto.
Risolve un sacco di problemi.
Che sia al centro però, soprattutto della vita di ognuno.
Un tempio che dia un calendario, che scandisca le stagioni con i suoi riti, che organizzi la vita con le sue regole morali, che interpreti le vicende della storia con i suoi racconti e i suoi insegnamenti, che dirima i conflitti con i suoi giudizi.
E che possibilmente stia in alto, ben visibile e riconoscibile.
Almeno concettualmente in alto: Dio sta sopra, si sa.
Dall’alto domina ogni cosa e, con Lui, quelli che sono Suo tramite, che han costruito il tempio e che offrono la salvezza dall’angoscia.
Sì, avere un tempio fa comodo.
Non hai più nulla di cui preoccuparti sul serio, giusto il lavoro e le tue quattro cose, ma per il resto ci pensa lui.
Lui ti fa da coscienza, si prende le responsabilità, ti solleva dal peso delle decisioni.
Lui, con coloro che lo gestiscono in nome di Dio. Al posto di Dio. Coi privilegi di Dio.
Basta che tu in qualche modo paghi: in denaro, in libertà, in potere, in sacrifici, in rituali di vario genere.
«Molti saranno tratti in inganno... Ma voi non fatevi ingannare...».
Il tempio crolla a terra e a terra deve restare. Non ne servono altri.
C’è un solo tempio ora: il cuore di ogni uomo e di ogni donna in cui, in libertà e fiducia, accogliere il Padre, in una vita da figli, per dono dello Spirito.
Lì, nel segreto di quel tabernacolo che è l’animo di ognuno, si adora il Padre in verità, si discerne la sua volontà nell’ascolto umile e responsabile della Parola, si decide per il Vangelo dando forma alla propria vita ad immagine di Gesù.
Il tempio crolla e nasce l’uomo nuovo, la donna nuova.
Non c’è un tempo solo in cui questo accade, perché ogni giorno e ogni momento sono il tempo per riconoscere il Padre nell’intimo della propria coscienza.
Non ci sono mura esclusive che consentono questo o altre che lo impediscano, perché ogni spazio è buono per accogliere la vita da figli nel vero tempio del proprio cuore.
Le pieghe quotidiane della storia, descritte da quelle drammatiche immagini evangeliche che sembrano quelle di un qualsiasi telegiornale, sono il terreno buono e sempre propizio per aprirsi a Dio e diventare uomini e donne nuovi.
E questo tempo non è da vivere nell’angoscia della fine, ma nella fiducia che in questa realtà la presenza del Padre ci si fa incontro e si può liberamente afferrare, senza cadere nelle illusioni e nelle false promesse dei venditori di salvezze.
Non si va in chiesa a trovare Dio.
Si va perché, in qualche modo, lo si è già trovato o si è stati da Lui trovati.
Non si riceve l’Eucarestia per avere Dio nel cuore.
La si riceve perché si è già aperto l’animo alla sua Presenza.
Non siamo chiamati a costruire nuovi templi da difendere o in cui rinchiudere Dio.
Siamo chiamati ad essere donne e uomini nuovi, che fanno di ogni momento e di ogni luogo l’occasione per dire nel cuore «Padre», vivendo da figlio o da figlia.
E questo tempo carico d’angosce sarà Avvento del Signore e del Suo regno, se avremo il coraggio di chiamare sorella e fratello tutti coloro che camminano con noi in cerca di Salvezza.