«Un posto dove posare il capo». Il sepolcro vuoto e il seme della Pace.
Pensieri in margine alla notte di Pasqua
Questa è la notte di Giuda.
Non Giuda »il Traditore».
Giuda «che non ha un posto dove posare il capo».
Giuda che crede di non avere più posto tra coloro che seguono il Maestro.
E strappa gli abbracci amici che gli avevano fatto da casa.
Giuda che non ha posto tra coloro che l'hanno illuso con un'amicizia interessata.
«A noi che importa. Non è questo il tuo posto», dicono quelli alle sue lacrime pentite.
Questa è la notte di ogni Giuda.
Tutte e tutti coloro che non hanno posto.
Per colpa, per ingiustizia, per scelta, per disgrazia, per errore.
La notte dell'umanità che non sa più dove poggiare il capo.
Non c'è casa, non c'è riposo, non c'è sicurezza.
Nessuna cura, nessuna attenzione, nessun affetto.
Il tempo di coloro che sono di troppo.
Che si può mettere in conto di perdere.
Anzi, che è bene lasciare perdere.
Il segno della Pasqua è uno spazio vuoto.
La vittoria di Dio è la sua sparizione.
Resta uno spazio aperto.
Senza segni di riconoscimento.
Senza contorni o delimitazione.
Uno spazio che si può attraversare.
Come un passaggio, una Pasqua.
Andare, venire, tornare.
Ma anche fermarsi.
Restare.
Abitare.
Uno spazio libero e senza barriere.
L'ospitalità più cruda e più vera.
Il segno della vittoria di Dio è un'ospitalità in cui vi sia sempre un posto.
Il Figlio dell'Uomo è passato come uno che non aveva un posto dove poggiare il capo.
È morto come uno per cui non c'era posto tra i suoi.
Il segno che ha lasciato è uno spazio ospitale.
Da vivere e da abitare.
Di cui nessuno si possa appropriare.
Ma che tutti possano sentire proprio.
Soprattutto «chi non ha più un posto».
«Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami»
Non certo un maestoso e possente cedro del Libano, immagine abituale dei potenti della terra alla cui ombra si inchinano le nazioni.
Una pianta comune.
Solita ai margini della strada.
Buona per la tavola.
E per far da casa agli uccelli del cielo.
Una forza ospitale.
Un regno che non invade ma si lascia occupare.
Senza pretese di affermazione o ambizioni di dominio.
Libero da frontiere e stretti criteri di appartenenza.
Nel sepolcro vuoto c'è un seme.
Quello di uno spazio in cui il posto non lo si guadagna, non lo si difende, non lo si sottrae.
Lo si trova.
E insieme ad esso, fratelli e sorelle anch'essi in cerca di un posto.
La Pasqua di Gesù è un'assenza che rigetta ogni discriminazione escludente, ogni giudizio emarginante, ogni prepotenza umiliante.
Il germoglio di una fraternità e sororità universali dove ciascuno e ciascuna possa trovare posto.
Che ognuno e ognuna possa sentire come il proprio posto.