«Non fa male credere, ma fa molto male credere male», diceva Gaber.
Citazione perfetta per iniziare a raccontare di Tobi, pio e osservante ebreo in esilio, tutto concentrato a restare fedele alle proprie tradizioni e a difendere l’identità di figlio di Israele.
È proprio la sua religiosità a causargli le prime disgrazie ed è ancora la sua fede a farlo sentire umanamente in un vicolo cieco quando perde l’uso della vista.
Se la fede ha il compito di “illuminare” interiormente, quella di Tobi lo ha accecato.
Anche Sara, sua futura nuora, a centinaia di km di distanza si trova imprigionata da qualcosa che blocca la sua vita impedendole di diventare moglie e madre.
E, anche in questo caso, una “certa” religione ha le sue responsabilità.