«Non è mai così semplice». La tentazione dei semplicismi
Prima domenica di Quaresima.
Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. (Mt 4, 1-11)
Ascolta l'omelia:
Non è vero che il diavolo è nei dettagli.
I dettagli sono quelle cose che solo chi ama cura davvero.
Curare i dettagli è avere il coraggio di affrontare la complessità delle cose, cogleire le pieghe della realtà e averne cura, soffrendo il dolore di rendersi conto di non riuscire ad arrivare a tutto.
Curare i dettagli ci mette a contatto con il nostro limite e la nostra insufficienza.
È faticoso e può spaventare. È impegnativo e si può fallire.
Curando i dettagli ci si espone.
Il diavolo invece è rozzo e grossolano.
Offre interpretazioni semplicistiche a questioni complesse.
Maschera la propria insufficienza affrontando la realtà con una serie di riduzionismi banalizzanti.
Per non ammettere il proprio limite, si cancellano fette di realtà per non doverla considerare.
Si raccontano le cose non per quel che sono ma per quel che si vuole che siano.
La loro versione più comoda e maneggevole.
Quella che giustifica le azioni che si è in grado di compiere o le uniche che si vuole davvero realizzare.
Raccontare la realtà come un compendio di ovvietà.
Polarizzare in bianco e nero, buono o cattivo, giusto o ingiusto.
Immaginare complotti che siano soluzioni semplici a problemi complessi.
È la tentazione delle origini.
Non assumersi la responsabilità del proprio limite che si traduce nel distinguere ciò cui si può accedere e ciò che non è di propria competenza o alla propria portata.
Le tentazioni nel deserto sono l'insidia mortale della lettura semplicistica della realtà.
Quella che è solo il risvolto dell'onnipotenza delirante, la pretesa di sapere e potere totalizzare l'intera realtà.
Avere a che fare con il prossimo?
Solo un gioco di potere.
La fede in Dio?
Poco più di uno scambio equo di devozioni e di favori.
Il rapporto con il creato?
Non è il caso di farla troppo lunga.
Il Cristo nel deserto, però, rifiuta di essere onnipotente e di semplificare la realtà.
Non trasformerà le pietre in pane, non farà dell'umanità il proprio dominio, non trasformerà Dio in un giocattolo magico a pagamento.
Come il Padre suo, per abbracciare la complessità della storia, chiederà agli uomini e alle donne di prendersi la loro parte di responsabilità.
Nemmeno Gesù, il Figlio di Dio, ha voluto essere l'unica salvezza del mondo.
Ha chiesto ai suoi di. andare e salvare, insieme a Lui.
La via per affrontare la complessità della realtà è quella della comunione delle responsabilità.