Intervento proposto all'AC della Diocesi di Ascoli Piceno nelle giornate di apertura dell'anno pastorale. Qui sotto un breve estratto, l'audio dell'intervento, il testo intero della riflessione.
«Le Beatitudini sono lo scoppio di gioia di chi tocca con mano il Regno. Uno scoppio di gioia che non ha tanto i tratti di un'allegria scanzonata (un po' anche, che male non fa), nemmeno quelli di una soddisfazione interiore, ma anzitutto di un'energia di vita, una scossa potente che spinge ad agire in prima persona secondo le logiche del Regno.
Sono l'annuncio che l'esistenza cristiana è un'esistenza esultante, di chi balza in piedi, alza la testa, canta a tutta voce, corre senza intralcio, abbatte le chiusure, si ribella alle catene, etc...
Gesù scopre il Regno all'opera, lo scopre nella sua originalità e freschezza, lo scopre come una Paternità che dà la vita, come una forza che riporta armonia, ricompone i conflitti, sovverte le ingiustizie... Una Paternità/Forza che chiede una collaborazione anzitutto nella forma della figliolanza prima che in quella di una manodopera e che se accolta nella sua proposta d'alleanza diviene un principio di vita che non conosce ostacoli.
Ecco perché le Beatitudini prima dei comandi. I comandi e le opere che Gesù indica traducono il Regno e ne costituiscono l'etica ma possono essere compresi e praticati autenticamente solo da chi vive lo Spirito delle Beatitudini, da chi vive nell'agio esultante del rapporto col Padre.
Perciò sono contraddittorie e paradossali: rispondono integralmente alla logica del Regno. Non le capiamo o fatichiamo a viverle perché non viviamo, pensiamo, ci muoviamo nella prospettiva del Regno. Si possono comprendere, sperimentare, apprezzare solo nella misura in cui si entra nel Regno.
Le Beatitudini sono di chi ha fatto esperienza della Pasqua o di chi professa la sua fede nella Pasqua. La debolezza della spiritualità pasquale nella proposta cristiana attuale, nella vita del cristiano medio e il cristianesimo che sa di morte sono un problema perché spingono a leggere le Beatitudini come l'invito a godere della mortificazione. Invece le Beatitudini sono il godimento esultante di chi si vede sempre e comunque vivificato...»