Il Santo è uomo di confine. Si muove sulla linea sottile che separa la Terra dal Cielo. Lo ha fatto da vivo. Lo fa, in qualche modo, pure da morto.
Chi lo strattona di qua e chi lo spinge di là, tanto da vivo quanto da morto. Perché c’è chi li vorrebbe tutti impregnati solo di terra e chi invece trasparenti come il cielo. Gli uni - che ne colgono le qualità umane - e gli altri - che evidenziano solo quelle “celesti” - finirebbero col neutralizzare la forza provocatrice del Santo.
Lui non ci sta: tanto di Terra, quanto di Cielo.
Il Santo è uomo di confine. Egli ha amato quella sottile linea che separa Terra e Cielo. L’ha ammirata da vicino, l’ha patita, l’ha accolta, ne ha fatto la propria casa. Vi è stato trascinato da una forza interiore che ha superato le sue volontà e che, a un certo punto, gli è parso volesse repentinamente trascinarlo in Cielo.
Ma vi è rimasto aggrappato, a quella linea, per quell’umanità meravigliosa e grave che lo ha tenuto franco a Terra. E lì è rimasto cavalcioni a contemplare il Cielo con un desiderio struggente e ad amar la Terra in pura perdita di sé. E ha imparato che quel segno non è affatto un muro di separazione ma un diaframma sottile per il quale, come per osmosi, quaggiù si continua a godere dei doni di lassù.
Il Santo è uomo di confine e ogni confine è tribolato. Anche quello tra Terra e Cielo. Pasqua si chiama la sua tribolazione. Mistero di vita e di morte, di fine e di inizio, di sconfitta e vittoria. Il Santo è un uomo tribolato perché lo stare tra Terra e Cielo, ha fatto di lui un uomo pasquale, uno che permane costantemente dentro un movimento di perdita di sé e rinascita alla vita.
Egli gode di questa identità come di un agio, perché ha scoperto che il confine tra la morte e la vita non è il confine dell’amore di Dio, piuttosto il suo vero spazio. Il Santo sta sul confine pasquale a constatare con soddisfazione la propria incapacità a vedere i limiti della Carità di Dio e gioca provocando il Suo Signore a mostrare il “senza fine” del Suo Bene.
Per questo, il Santo, a poco a poco prende la forma di quell’amore sconfinato, vivendo tra Terra e Cielo senza porre limiti alla Provvidenza e, insieme, senza restringere in alcun modo le possibilità di riscatto di ogni uomo.
Il Santo è uomo di confine, di tutti i confini. Così, il Santo volente o nolente, si trova rilanciato in tutte le situazioni-limite in cui l’uomo, prima o dopo, finisce relegato, dalle proprie scelte, da quelle altrui, dal non senso. Senza arroganze, senza pretese di soluzioni, senza pregiudizi, senza diffidenze con quella Terra di cui è fatto e col poco di Cielo che tiene in sé, il Santo sta in quei luoghi ultimi a portare un po’ di amore pasquale.
Lì dove la fede e l’incredulità si toccano, dove il dubbio e la certezza si confondono, dove l’ortodossia sconfina nell’eterodossia, dove comunione e lontananza si studiano. Il Santo sta.
Dove l’umano sconfina nel disumano, dove amore e odio si mescolano, dove fedeltà e tradimento si scontrano, dove miseria e grandezza si sfiorano, dove povertà e ricchezza lottano; dove il coraggio sfida la prudenza, la razionalità scivola nella follia, il buon senso si perde nell’incoscienza, l’intelligenza si sovrappone all’ignoranza. Il Santo sta.
Sapendo che proprio in quelle sottili dicotomie abita un mistero di vita e di morte, e riconoscendo in quelle linee di demarcazione lo stesso confine che separa Terra e Cielo: lì il Santo sta. Ad annunciare che lì, proprio lì, proprio su quei confini così contraddittori, avviene il Mistero della Pasqua, perché se c’è un luogo in cui l’amore di Dio entra nella storia come mistero di eterna rinascita è proprio lo spazio delle contraddizioni.
Alcuni Santi questi confini li abitano, altri li muovono, altri li custodiscono. Tutti li amano. Ciascuno il suo, ma tutti al confine. Scomodo il Santo sta, certo, a cavalcioni.
Per scomodare anzitutto chi, a cavalcioni delle contraddizioni, non ama starci e, rancoroso e livido, passa tutta la vita da credente a dire: «Ma quello lì cosa ci fa lassù a cavalcioni? Che venga giù! E’ pericoloso e poi… che scandalo».
Già, che scandalo. Santi a cavalcioni. Pensa te.