«Popoli in cammino». Riflessioni biblico-letterarie sul racconto dei Magi.
Quarto di 4 appuntamenti di Avvento sui Vangeli dell'infanzia tra Bibbia e Letteratura
Ultimo approfondimento di quattro sui Vangeli dell’infanzia, proposti alla Comunità Pastorale Madonna del Rosario di Lecco come percorso d’Avvento 2022.
Gli interventi prevedono una parte biblica sempre proposta da don Cristiano Mauri e una letteraria offerta in questo caso da don Paolo Alliata.
1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". 3All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele". 7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: "Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". 9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. (Mt 2, 1-12)
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Lettura del testo
Premessa
L'episodio dei Magi, dal punto di vista narrattivo, è maggiormente in rapporto con ciò che lo segue che con ciò che lo precede. La visita dei tre a Betlemme è dunque essenziale per comprendere meglio la strage degli infanti perpetrata da Erode e la fuga in Egitto e, viceversa, questo racconto va considerato avendo già presente quel che accadrà una volta partiti i Magi.
La costruzione del brano è semplice: dopo la domanda dei Magi, il racconto si divide in due sezioni, costituite dall'incontro con il falso re dei Giudei (Erode vv3-9a) e con il vero re (Gesù vv.9b-12). Le due parti sono chiaramente contrapposte e antitetiche così che risulti evidente il contrasto tra le strategie di Erode e quelle divine.
C'è anche, evidentemente, una voluta contrapposizione tra due sovranità.
Da una parte c'è Erode nei panni perfetti di un sovrano del suo tempo, con uno stile di governo chiaro fin da subito e con modalità di esercizio del potere la cui iniquità è chiara già dalle prime battute.
Dall'altra c'è uno che viene chiamato sovrano ma di cui non si sa nulla, se non che è piccolo, debole, senza esercito, in pericolo di vita, esposto ai capricci dei potenti del suo tempo. Non è ancora nel pieno dell'esercizio del suo potere e dunque di questo non si puìo dire granché.
Oppure, invece, proprio queste caratteristiche che poco hanno del sovrano dicono già molto del modo con cui sarà re.
Il racconto fa sorgere subito mille interrogativi circa la sovranità futura di Gesù: in che modo sarà re? Come amministrerà la sua giustizia? Come eserciterà la sua forza.
Inoltre è un re che non viene riconosciuto da coloro che avrebbero dovuto farlo, mentre viene omaggiato da chi non avrebbe né titolo né dovere di riconoscere la sua maestà. Sembra avere un'autorità che non rispetta i confini delle nazioni e dunque di quale genere di regno sarà capo?
Le domande sorgono spontanee alla lettura del racconto dei Magi e il prosieguo del Vangelo di Matteo intenderà rispondere a questi interrogativi mettendo al centro di varie sezioni della sua opera proporio il tema del Regno, dell'autorità di Gesù e di quale sia il modo più autentico di accoglierla nella propria vita.
Il testo è, con tutta probabilità, di mano matteana senza particolari tracce di tradizioni scritte precedenti (se c'erano, dovevano essere orali). Anche se non mancano tesi contrarie, all'occhio dell'esegeta appare un racconto compatto, coerente e armonico che non presenta elementi problematici da risolvere.
Questo è importante acquisirlo come dato, perché con tutta evidenza qui c'è un tema davvero molto importante per la comunità di Mt.
Tra le storie antiche di re-bambini perseguitati la più vicina è la aggadà di Mosè (astrologi profetizzano la nascita, il faraone si spaventa e progetta l'uccisione) che ha certamente influenzato Mt senza inficiarne l'originalità.
C'è inoltre il racconto di Balaam (Nm 22-24) che ha dei tratti di parentela forti con l'episodio dei Magi e che i lettori di Mt conoscevano molto bene.
Il tema della stella era diffuso: lo si considereva un segno che accompagnava la nascita di divinità o personalità importanti; inoltre si pensava che ciascuno avesse una stella che accompagnava l'esistenza di ognuno (luminosa i ricchi, poco appariscenti i poveri).
I primi lettori, inoltre, conoscevano molto bene la storia del re armeno Tiridate, un mago che nel 66 d.C. fa visita a Nerone per rendergli omaggio e avviare una serie pubbliche relazioni a vantagio di entrmabi.
Ma a questo racconto si può riconoscere qualche storicità?
Si tratta di una leggenda, scarna ed essenziale, senza alcuna pretesa di storicità.
Non esistono elementi plausibili che giustifichino l'esistenza di alcun nucleo storico alla base della leggenda e in ogni caso, quand'anche ci fosse, non è possibile risalirvi.
La leggenda, però, permette di capire qualcosa della comunità di Mt per cui la leggenda fu scritta in prima battuta: ha familiarità con tradizioni giudaiche ed ellenistiche, è di mentalità aperta verso l'astrologia, considera il giudaismo ostile, ha un certa formazione storica, considera favorevolmente i gentili.
Il ritratto chiaro di una comunità di credenti composta da ebrei e da provenienti da altre nazioni (forse prevalenti) che si scontra con l'ambiente giudaico constatandone la resistenza, anche violenta, al messaggio di Gesù.
Quale esperienza di fede/vita racconta un brano così?
I temi sono evidenti: l'azione di Dio si volge a tutti i popoli; Egli interviene in soccorso di chi è aggredito; Gesù è riconosciuto quale Signore e come vincitore sul potere secolare; discepolo è colui che rende omaggio a Gesù a fronte dei contrasti mondani.
Quest'ultimo tema emerge in tutta evidenza nell'atto di adorazione dei Magi e che diviene, posto qui nell'origine della storia di Gesù, l'atto originario di ogni cammino di sequela.
Lungo il suo Vangelo, Mt spiegherà in maniera diffusa di come sia anzitutto la pratica dei precetti di Gesù Maestro a costituire la vita del discepolo. L'agire concreto più di qualsiasi dottrina o anche atto rituale.
Eppure, all'inizio della storia pone un gesto di adorazione che è a tutti gli effetti un atto di sottomissione alla autorità di un altro. Solo se si compie questa scelta, che orienta radicalmente il cuore, allora si potrà vivere una pratica dei dettati evangelici che non sia mera apparenza o semplice obbedienza esteriore.
Arrivo dei Magi e domanda (1-2)
Mt indica le circostanze spazio-temporali utili a mantenere la continuità narrativa con l'episodio precedente. Quel che più gli sta a cuore è precisare la Giudea quale regione della nascita di Gesù: nasce dove era previsto lo facesse il Messia.
Erode non ha bisogno di introduzioni per i lettori del tempo. Le tracce materiali del suo passaggio erano diffuse e conosciute, tanto quanto era notoria l'iniquità del suo governo.
L'episodio inizia direttamente a Gerusalemme senza alcuna notizia del viaggio dei Magi, se non il mero dato della loro provenienza (Oriente, luogo generico d'origine della astrologia).
Nonostante l'enfasi data dalla tradizione alla lunghezza del viaggio con annessi e connessi, Mt non ne è affatto interessato. L'attenzione di chi legge è bene che si focalizzi dunque su quel che accade nella città di Davide.
Quel che conta è ciò che i Magi faranno a Betlemme, in particolare, quella prostrazione che Mt ripete per tre volte e che i tre orientali dichiarano subito essere la ragione del loro viaggio.
Adoreranno un re e non omaggeranno l'altro.
Dei Magi stessi non si dice granché. Mt sottolinea la loro appartenenza ai cosiddetti «gentili» attraverso la specifica «re dei Giudei» con cui chiedono di Gesù (in Mt "giudei" è normalmente messo in bocca ai pagani).
Il termine con cui sono definiti i tre orientali (μάγοι) indica inizialmente degli appartenenti alla casta sacerdotale persiana. Il significato si è poi esteso con l'ellenismo a identificare teologi, filosofi, scienziati rendendo fluido il confine tra maghi, astrologhi e sapienti.
Anche se a volte veniva usato con accezione negativa, in genere la considerazione nel mondo ellenico era positiva e godevano di alto prestigio sociale.
L'ebraismo invece ne aveva una valutazione fortemente negativa e il primo cristianesimo la recepisce, rendendo sorprendente il fatto che Mt li utilizzi in senso pienamente positivo.
Nel racconto di Mt la positività della figura non è legata alle capacità divinatorie, tanto che dimostrano di non sapere bene il luogo della nascita e nemmeno il significato vero della stella.
Nel loro cammino è decisivo Dio e la loro esemplarità va letta nei termini del loro attivo coinvolgimento dentro l'agire divino.
Erode (3-9a)
La domanda dei Magi produce un vero e proprio scossone (così letteralmente il testo) in Erode e nella città intera che entrano in scena immediatamente come antagonisti.
Ai loro occhi, la nascita del bambino è un fatto grave.
Dal punto di vista storico, la solidarietà tra Erode, i capi e il popolo è inverosimile. Era un sovrano fortemente impopolare e niente affatto apprezzato, perciò la nascita di un re che lo avrebbe scalzato sarebbe stata certamente salutata favorevolmente dal popolo.
Mt non bada molto a questo. Per lui Gerusalemme è la città del rifiuto e dell'uccisione del Messia.
Del «re dei Giudei» e dei turbamenti che provoca se ne parlerà poi solo in occasione della Passione, che viene qui evidentemente anticipata.
Anche l'intesa del sovrano con gli scribi sorprende, ma in effetti a questo punto del racconto i maestri della Legge non sono ancora connotati negativamente come più avanti saranno.
Il fatto che Erode interroghi gli scribi circa «il Cristo» lascia intendere che non teme un generico rivale ma il vero Messia di Israele.
La risposta degli scribi è una citazione di Mich 5, 1 intrecciata con 2Sam 5, 2 con la quale Mt non intende indicare il compiersi di una profezia (manca il ritornello tipico delle citazioni di compimento), bensì puntualizzare il punto di partenza del cammino del Messia.
Di fatto, però, messo in bocca agli scribi diventa immediatamente una critica aperta a coloro - gli scribi - che riconoscono apertamente la nascita messianica senza trarne poi alcuna conseguenza effettiva e diventando invece complici di Erode.
Erode tenta di allargare la rete dei suoi sodali cercando di coinvolgere anche i Magi, tentando di carpire loro informazioni utili.
Si intuisce chiaramente il progetto maligno e il lettore non riesce ad attribuire buone intenzioni al sovrano. Mt sta già costruendo l'attesa per la strage dei bambini che racconterà subito dopo.
I Magi, in ogni caso e come sappiamo, sfuggiranno alle maglie del malvagio re.
Gesù (9b-12)
La partenza notturna dei Magi è funzionale solo alla messa in evidenza della stella: la guida di Dio non deve venire meno nel suo ruolo di protagonista della vicenda.
I tre arrivano alla casa dove trovano il bambino e sua madre, senza che Giuseppe venga menzionato, a rimarcare lo speciale ruolo di Maria.
Il termine tecnico che fa da filo rosso nel racconto (προσκυνέω = prostrarsi a terra) compare qui per la terza volta.
Con questo termine si intende un atto di venerazione compiuto gettandosi a terra, riservato agli dei o ai re.
Mt ne fa un uso attento e lo dedica esclusivamente a Gesù lungo tutto il suo Vangelo, caratterizzando con esso le richieste di aiuto da parte di sofferenti o il riconoscimento quale Figlio di Dio.
La prostrazione dei Magi identifica Gesù quale Signore e i lettori vengono immediatamente rimandati alla sua maestà quale figlio di David e quale Emmanuele Figlio di Dio.
Nell'atteggiamento dei Magi c'è la porta di ingresso per l'identificazione con loro da parte di tutti i credenti, altrimenti lontani dalla loro storia.
I doni, per quanto si siano diffuse le spiegazioni simboliche a loro riguardo, rappresentano semplicimente oggetti di grandissimo valore riservati a un personaggio la cui rilevanza appare così inestimabile.
Il racconto si conclude poi rapidamente e bruscamente, con l'intervento di Dio che rinvia i tre sapienti alla loro terra, evitando loro l'incontro con Erode.
Spunti letterari di don Paolo Alliata
Rabbi Eisik e il tesoro nascosto
Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l'ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripetè per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin li dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: "E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch'io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l'altra metà Jekel!". E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata "Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel". "Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c'è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare".
Il tesoro c’è: la vita merita di essere vissuta
«Ho scoperto che per l’umanità buttare l’oro nei canali di scolo e diamanti nel mare non è qualcosa di saltuario, bensì un’attività in cui è eternamente e sistematicamente impegnata. Ho scoperto che ogni uomo è pronto a dire che le foglie verdi di un albero sono un po’ meno verdi di quanto non siano, e che la neve bianca di Natale è un po’ meno bianca di quanto non sia; pertanto, ho pensato che il compito principale dell’uomo, per quanto umile, sia difendere queste e altre cose. Mi sono convinto che un difensore sia necessario soprattutto quando il mondo è disprezzato dalle sue creature» (G.K. Chesterton, L’imputato. In difesa di ciò che c’è di bello nel brutto del mondo)
«Il bradipo tridattilo ha un’idea piuttosto vaga del mondo che lo circonda. […] Se vi imbattete in un bradipo tridattilo che dorme nella foresta, due o tre spinte leggere basteranno a svegliarlo; ma non appena sveglio guarderà in tutte le direzioni eccetto la vostra. Perché si guardi intorno è di per sé un mistero, considerato che la sua vista è paragonabile a quella di Mister Magoo. Quanto all’udito, il problema non è la sordità del bradipo, ma la sua indifferenza ai suoni. [L’etologo] Beebe riferisce che un colpo di arma da fuoco non gli provoca particolari reazioni se sta dormendo o mangiando. Anche l’olfatto, leggermente più sviluppato degli altri sensi, non va sopravvalutato» (Y. Martel Vita di Pi)
«La missione di tutti i profeti non è tanto quella di mostrare paradisi o inferni, quanto principalmente quella di richiamare l’attenzione sulla terra.» (G.K. Chesterton, L’imputato. In difesa di ciò che c’è di bello nel brutto del mondo)
Il tesoro lo trova chi è disposto a rischiare
«Credo di poter dire che, in base a qualunque parametro convenzionale, ad appena sette anni dal giorno della laurea avevo già fallito clamorosamente. Il mio matrimonio era imploso in tempi straordinariamente brevi, non avevo un lavoro, ero una madre sola ed ero povera quanto lo si può essere ai nostri giorni in Gran Bretagna pur conservando un tetto sulla testa. […]
Allora perché parlare dei benefici del fallimento? Per il semplice fatto che il fallimento mi costrinse a eliminare tutto ciò che era superfluo. Smisi di illudermi di essere qualcosa che non ero e presi a incanalare ogni mia energia nel portare a termine l’unico lavoro che mi stava a cuore […]
Se davvero avessi avuto successo in qualcos’altro, forse non avrei mai trovato la forza di riuscire nell’unico campo a cui ero convinta di appartenere veramente. Con il realizzarsi della mia più grande paura mi ero ritrovata libera, ancora viva, avevo una figlia che adoravo, avevo una vecchia macchina da scrivere e un’ottima idea. E così il fondo che avevo toccato diventò la solida base su cui ricostruii la mia esistenza» (J. Rowling, Buona vita a tutti!)
Ti adoro, Signore, anche se non so che cosa vuol dire.
Ti ringrazio, anche se solo a parole.
Ti chiedo perdono, anche se senza una lacrima.
Ti offro tutto, anche se non ho niente.
Ti voglio amare, anche se ne sono assolutamente incapace
(padre Augusto Gianola)
Il tesoro lo trova chi impara a condividere i sogni con lo straniero
«In una certa misura la Chiesa ha imitato ancora una volta la società, e la gerarchia è diventata quasi l'unico reale potere all'interno della Chiesa. Se la Chiesa deve avere una sana e complessa interazione con la società di oggi, senza rinchiudersi in un ghetto e neanche assimilandosi ad essa, abbiamo bisogno di una cultura cattolica dinamica. Questo significa Università e Facoltà in cui noi possiamo avere la fiducia necessaria per approfondire la nostra fede, porre domande difficili, collaudare nuove idee, anche giocare con le idee, formulare ipotesi senza paura, senza l'assillo che dobbiamo essere subito nel giusto, perché altrimenti rischieremmo di scottarci […]
Il Cristianesimo deve ricordare agli Europei quel nostro desiderio profondo per la verità e camminare con loro per cercarla. Ma noi saremo convincenti solo se saremo capaci di farci vedere pellegrini anche noi, persone che non conoscono tutte le risposte in anticipo. Noi dobbiamo essere visti come coloro che non hanno solo da insegnare, ma da imparare. La Chiesa deve avere il coraggio di proclamare le sue convinzioni, e anche l'umiltà di imparare dagli altri. I leader cristiani avranno più autorità nel parlare se spesso diranno "non so"» (Timothy Radcliffe, Essere cristiani nel XXI secolo)
Il tesoro è sotto la stufa di casa
«In qualche lontana città che non conosci e dove forse non ti accadrà di andare mai, c’è uno che ti aspetta. In una antica angusta stradetta della sterminata città orientale, là dove si nascondono gli ultimi segreti della vita, giorno e notte resta aperta per te la porta del suo palazzo favoloso; il quale, a chi passi in fretta per la via, può sembrare una casa come tante; invece esso si addentra nel groviglio delle moschee e delle regge con una successione senza fine di sale immense, cortili e giardini. Ivi c’è il silenzio, l’ombra, la pace, e nobili cani giacciono accovacciati sul bordo delle fontane lasciandosi addormentare dal fruscio delle acque. […]
Ma può essere anche molto più vicino, veramente a due passi, tra le mura della tua stessa casa. Sulla scala, al terzo piano, hai mai notato, a destra del pianerottolo, quella porta senza campanello né etichetta? Qui forse, per agevolarti al massimo, ti attende colui che vorrebbe renderti felice: ma non ti può avvertire. Perciò prova, la prossima volta che ci passi davanti, prova a spingere l’uscio senza nome. Vedrai come cede. Dolcemente ruoterà sui cardini, un impulso irragionevole ti indurrà ad entrare, resterai sbalordito: ecco, nel cuore del casamento popolare, l’uno dietro l’altro in vertiginosa prospettiva, saloni principeschi. Sui tendaggi, sulle argenterie, sugli arazzi scorgerai incisi dei segni: le sigle del tuo nome oscuro. Ma tu non provi ad aprire, indifferente, ci passi davanti, su e giù per le scale mattina e sera, estate e inverno, quest’anno e l’anno prossimo, trascurando l’occasione.
Tra le mura della tua stessa casa. Ma come escludere che sia ancora più vicino colui che ti vuol bene? Mentre tu leggi queste righe egli forse è di là dalla porta, bada, nella stanza accanto; se ne sta quieto ad aspettarti, non parla non tossisce, non si muove, non fa nulla per richiamare l’attenzione. A te scoprirlo. Ma tu, uomo, non ti alzi nemmeno, non apri la porta, non accendi la luce, non guardi. Oppure, se vai, non lo vedi. Egli siede in un angolo, tenendo nella destra un piccolo scettro di cristallo, e ti sorride. Però tu non lo vedi. Deluso, spegni, sbatti la porta, torni di là, scuoti il capo infastidito da queste nostre assurde insinuazioni: fra poco avrai dimenticato tutto. E così sprechi la vita». (D. Buzzati, Uno ti aspetta)
«Dentro di me c’è una sorgente molto profonda, e in quella sorgente c’è Dio. Alle volte riesco a raggiungerla, più spesso essa è sepolta sotto pietre e sabbia. Allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo». (Etty Hillesum, Diari).