Dopo essere andato da Gesù di notte, Nicodemo affronta i capi del popolo che intendono arrestare e condannare ingiustamente il Nazareno. Prende coraggio e interviene in assemblea. Poche parole, molta sostanza. E il rivelarsi di un animo mosso da cinque grandi desideri.
Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto qui?". Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato così!". Ma i farisei replicarono loro: "Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!". Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: "La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?". Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!". E ciascuno tornò a casa sua. (Gv 7, 45-53)
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INDICE DELLA LECTIO:
Il contesto.
Le guardie e i capi.
Nicodemo.
I cinque desideri.
La risposta dei capi.
La frustrazione.
BIBLIOGRAFIA.
Beutler, Johannes, Il Vangelo di Giovanni, Roma, GBP, 2016.
Zumstein, Jean, Il Vangelo secondo Giovanni, Torino, Claudiana, 2016.
Vignolo, Roberto, Personaggi del quarto Vangelo, Milano, Glossa, 2003.
1. Il contesto.
Gesù scende a Gerusalemme dalla Galilea per partecipare alla festa delle Capanne. Lo fa dopo essersi scontrato con quelli di casa sua che insistevano perché approfittasse della festa per rivelarsi.
Il tono provocatorio della richiesta con cui intendevano metterlo alla prova lo spinge a rifiutare l’invito e a lasciar partire i suoi senza aggregarsi a loro. I tempi della rivelazione di Dio non sono quelli degli uomini.
Giunto successivamente a Gerusalemme in segreto, Gesù inizia a insegnare nel tempio, scatenando immediatamente discussioni e scontri molto accesi nel popolo, tra i capi dei sacerdoti, scribi e farisei.
La sua parola appare potente come e più dei suoi gesti. Il suo messaggio suona nuovo alle orecchie della gente e carico di una autorità che non ha precedenti.
Ogni suo pronunciamento sembra avere la capacità di «muovere» letteralmente le persone. Chi si concede all’ascolto delle sue parole resta letteralmente scosso, positivamente o negativamente, ma in ogni caso colpito.
La forza dei suoi discorsi costringe tutti ad interrogarsi circa la sua identità. Chi è costui e da dove gli viene l’autorità che promana dalle sue parole e dai sui gesti?
L’elemento problematico che emerge nelle discussioni attorno a Gesù è la sua provenienza. Si credeva che l’origine del Cristo sarebbe stata misteriosa. Se ne conosceva la collocazione genealogica (la stirpe di Davide) e dunque anche quella geografica.
Di Gesù invece si sapeva l’origine galilaica, se ne conoscevano le parentele, si poteva facilmente collocare dentro un quadro sociale definito e niente affatto misterioso. Le sue radici mal si accordano con le profezie ma i suoi gesti e le sue parole continuano ad apparire unici.
Cominciano a fioccare le conversioni e le fila dei seguaci di Gesù si ingrossano. Tentano più volte di bloccarlo mentre predica ma senza mai riuscirci.
Tocca dunque alle autorità intervenire e i capi dei sacerdoti con i farisei mandano le guardie per arrestarlo, proprio nei versetti immediatamente precedenti a quelli che commentiamo.
Che cosa ci suggerisce un simile contesto e quali elementi ci propone per l’interpretazione del battibecco tra Nicodemo e gli altri rappresentati del Sinedrio?
La persona di Gesù incontra in qualche modo, anche se turbolento, le attese della gente. Il desiderio di salvezza e riscatto che il popolo da tempo coltiva, in qualche modo entra in risonanza con il suo parlare e il suo agire.
In seconda battuta, emerge la sovranità palese di Gesù che lo rende anche, in una certa misura, inafferrabile. Questa sua “sfuggevolezza” si concretizza non solo nel fatto che non riescono a mettergli le mani addosso, ma anche nella fatica che fanno ad afferrare la sua identità, e nella dimensione misteriosa che i suoi discorsi comunque mantengono.
Infine, Gesù si propone come la risposta al desiderio di vita e di pienezza che anima ogni uomo (Gv 7, 37-38). L’acqua viva che promette come sorgente perenne nel seno di coloro che vanno a Lui è immagine della Sapienza e, allo stesso tempo, della Legge. In altre parole, in Gesù c’è la perfetta rivelazione divina circa Dio e l’uomo. Nell’aderire a Lui c’è la possibilità di colmare ogni desiderio di vita piena.
2. Le guardie e i capi
Le guardie che tornano a mani vuote dal tentativo di arresto vengono rimproverate dai capi e a propria difesa sottolineano la novità e insieme la potenza delle parole di Gesù.
È avvenuto un braccio di ferro tra le maniere forti delle guardie e la fragilità della parola di un singolo uomo. Ma il parlare del Nazareno ha una qualità dinamica e un potere interpellante che mai nessuno ha mostrato.
Il suo insegnamento segna, muove e determina la libertà di chi incontra non annullandola ma coinvolgendola. La parola di Cristo chiama ad entrare in essa e coloro che in qualche modo la accolgono sperimentano di essere invasi dalla sua forza e di essere “posseduti” dalla sua potenza.
Le reazione dei capi al ritorno delle guardie è solo una reazione d’autorità che non pare sostenuta da alcun argomento concreto. Il messaggio di Gesù, il contenuto dei suoi discorsi e la valenza dei suo gesti non vengono minimamente presi in considerazione.
Il problema dei capi è la malattia del potere. L’autorevolezza di Gesù mette in discussione la loro posizione che rischia così di essere indebolita. La possibilità di vedere offuscata la propria influenza li acceca e li assorda.
Non bastasse ciò, il carico di pregiudizi, di arroganza e di presunzione saccente che dimostrano, non fa che ostacolare ulteriormente la possibilità di prendere in considerazione Gesù come interlocutore.
La stessa conclusione cui giungono per spiegare il mancato arresto da parte delle guardie è rappresentativa del loro modo di essere e di ragionare. La potenza che le guardie attribuiscono alle parole di Gesù non è considerata reale né effettiva. Si tratta semplicemente di ignoranza, di incapacità di sostenere un confronto, di mancanza di giusti argomenti.
Le guardie ci sono cascate solo perché sono dei creduloni ignoranti che non conoscono le Scritture. Chi conosce la Legge non può credere a Gesù.
La competenza religiosa dei capi forma le pareti della tomba in cui si sono rinchiusi. Non c’è slancio, disponibilità all’ascolto, ricerca di stimoli, coltivazione del desiderio, apertura alla novità dello Spirito. Non desiderano La Sapienza che dà la vita. Loro sono sapienti.
3. Nicodemo.
La sua comparsa è brevissima, tanto da occupare due soli versetti, il tempo di essere presentato, fare un rapido intervento e poi essere zittito e cancellato, nel vero senso della parola, dai suoi compagni.
Cercando di restare al testo, cosa possiamo dire di Nicodemo relativamente a questa circostanza?
1. Viene anzitutto presentato con due caratteristiche: è uno dei capi e in precedenza è andato da Gesù.
È interessante notare che questo secondo elemento è diventato un suo aspetto caratteristico al pari dell’essere un capo. Giovanni, per indicarlo, usa ancora quella particolare espressione (ἔρχομαι πρὸς = andare verso) con cui, nel suo vangelo, definisce l’avvio di un percorso di fede in Gesù.
L’aveva già usata nel cap. 3 quando aveva narrato l’incontro notturno tra Nicodemo e Gesù. Possiamo dunque affermare che quell’andare notturno si è “stabilito” in Nicodemo, diventando un suo segno identificativo.
Non sono più solo le appartenenze socio-religiose a definirlo, come era all’inizio del suo percorso. C’è qualcosa di peculiare, di suo proprio che non si ritrova in altri capi allo stesso modo: un “movimento” di fede iniziale verso Gesù.
2. Lo ascoltiamo, poi, prendere coraggiosamente parola.
Il suo esporsi è espressione di un desiderio di congruenza tra ciò che in lui si muove e ciò che fuori di lui si muove. Non è una semplice esigenza moralistica di coerenza, del genere: faccio quel che dico, dico quel che penso, etc…
Certo, una qualità morale nell’intervento di Nicodemo è evidente ma riguarda solo il contenuto delle sue parole, con le quali stigmatizza lo scorretto modo di procedere degli altri capi.
Il fatto che sia «andato verso Gesù», che ci sia in Nicodemo un principio di fede in lui, fa pensare che l’intervento presso il Sinedrio non sia affatto un semplice bisogno di fedeltà alla Legge e di coerenza con essa.
Sembra mosso piuttosto dal desiderio di corrispondenza e congruenza tra le sue tensioni interiori che lo spingono verso Gesù e le sue posizioni pubbliche. La sua fede incipiente “spinge” per essere riconosciuta.
3. Si appella alla Legge.
Il suo richiamo ad essa è inevitabilmente umiliante nei confronti dei colleghi. D’altra parte l’ingiustizia che stanno perpetrando è palese e la richiesta di Nicodemo, in definitiva, non è altro che una domanda di giustizia e di rispetto della Legge.
Il richiamo al dovere e alla correttezza è anche il modo con cui Nicodemo critica l’eccesso di autoritarismo arrogante e spocchioso dei capi. C’è qualcun altro sopra di loro al quale devono obbedienza vincendo i deliri di onnipotenza.
4. Infine, notiamo che anche nell’intervento di Nicodemo risuona il fascino delle parole di Gesù.
Era andato da lui in precedenza con in mano l’argomento dei segni compiuti («Nessuno può compiere i segni che tu compi, se Dio non è con lui» Gv 3, 2). Ora sembra che siano le parole ad avere acquistato importanza.
L’invito di Nicodemo, infatti è ad ascoltare colui che vogliono colpire. È troppo vedervi un desiderio, una sete di ascolto di quella Sapienza che Gesù si è attribuito?
Senza forzare troppo il testo, possiamo leggere tanto il riconoscimento dell’autorevolezza di Gesù per Nicodemo quanto il desiderio di profondità, di senso, di prospettiva da parte di quest’ultimo.
4. I cinque desideri
In sintesi, cosa ascoltiamo muoversi in Nicodemo, in termini di desideri profondi? Possiamo da queste poche righe raccogliere elementi sul tema generale del desiderio nel cammino di fede?
Mi pare si possano sintetizzare cinque desideri che si propongono come colonne della vita secondo il Vangelo. Non si tratta di aspirazioni specifiche o singolarmente concretizzabili. Sono piuttosto delle prospettive di desiderio all’interno delle quali inquadrare tutti gli altri “motori” del percorso di vita e di fede.
Desiderio di Compimento.
La sete d’acqua viva si avverte nelle parole di Nicodemo. Ma non lo definirei semplicemente come l’aspirazione ad essere una persona realizzata. Piuttosto lo assimilerei al desiderio di essere riempito.
Il suo invito all’ascolto è una risposta alla chiamata di Gesù «Chi ha sete venga» e sembra dire la sua consapevolezza della necessità di dovere e volere essere colmato di vita da un Altro.
Nicodemo, diversamente dagli altri capi, non si sente concluso in se stesso, non si riconosce più come capace di giungere da sé a una vita piena. Desidera, attende, intende un compimento/riempimento che sta oltre lui.
In questo modo è anche un uomo di vera Speranza, la virtù di chi è proiettato fuori di sé verso un senso ulteriore, di chi tiene i piedi nel presente senza assolutizzarlo e si protende al futuro, senza idealizzarlo.
Se normalmente descriviamo una persona realizzata come uno che ha ottenuto risultati desiderati, ha espresso il meglio di sé, ha saputo coltivare relazioni significative, cioè uno che ha “tirato fuori” tutto ciò che è riempiendone la propria vita, qui troviamo una prospettiva esattamente opposta: la vita piena da desiderare è quella riempita da un Altro.
Quando ciò non avviene, il “tirare fuori il meglio di sé” rischia di essere una esibizione fine a se stessa, incapace poi di colmare la sete di vita che abbiamo.
Tutto ciò non si può circoscrivere in un metodo da applicare. È piuttosto una prospettiva da cui guardare la nostra esistenza e l’impresa di cercarne il compimento.
Desiderio di Giustizia.
Risuona forte nel richiamo di Nicodemo la ricerca di un modo giusto di procedere. Ma qui non dobbiamo limitarci ad intenderlo come la semplice osservanza delle leggi.
Non va dimenticato che per il pio israelita nella Legge c’è la volontà di Dio. Dunque la richiesta di Giustizia da parte di Nicodemo ha a che vedere proprio con questo, con il desiderio di cercare e praticare la vera volontà di Dio.
Egli ha intuito che nell’uomo di Nazaret è all’opera la potenza divina e in lui si sta misteriosamente realizzando il suo disegno di salvezza. Non è certo un’intuizione razionale né particolarmente consapevole. Ma nel suo richiamo alla giustizia si ascolta il rispetto che Nicodemo chiede di avere per Gesù e il suo mistero.
Questo secondo desiderio è un caposaldo di particolare importanza nella vita di fede, in modo speciale quando si opera il discernimento di ciò che si muove in noi.
La disponibilità a fare spazio al compiersi della volontà di Dio nella propria vita è un desiderio che può fare da discrimine tra una vita di discepolato di Gesù e una di tutt’altra qualità.
Desiderio di Verità.
È l’aspirazione a comprendere profondamente l’identità di Gesù.
Il primo episodio del cap.3 con la visita notturna di Nicodemo, il modo con cui viene presentato qui da Giovanni, le diatribe attorno alla vera identità di Gesù: sono tutti elementi che ci fanno percepire nel suo intervento presso i capi una apertura seria alla comprensione del mistero presente in Gesù.
Non è da intendersi qui una volontà di possesso della figura di Gesù ingabbiata in qualche definizione di qualsiasi genere. Piuttosto la disponibilità e l’attitudine a permanere in un cammino di continua scoperta e di rinnovata conoscenza del mistero che abita in Cristo.
Desiderio di Ascolto.
Nicodemo era andato da Gesù sulla spinta dei segni compiuti. Ora la parola sembra essere diventata determinante. Nell’ascolto c’è il nucleo dell’incontro e della relazione, dunque per Nicodemo sembra essere quest’ultima la meta della sua ricerca.
Dopo l’esperienza del “noi” soffocante e spersonalizzante dell’appartenenza al suo gruppo sociale e all’organo di governo del popolo, l’anelito a un “noi” con Gesù è di tutt’altra portata e apertura.
La rinascita dall’alto proposta da Gesù nel cap. 3 aveva fatto respirare a Nicodemo aria di libertà. Il legame con Cristo non avrebbe potuto che essere un legame libero e liberante.
L’esito di ogni cammino di fede è diventare un «noi» con il Signore. Deve scattare una relazione autentica con lui, un legame che qualifica, caratterizza e segna come tutti gli altri legami.
Desiderio di Congruenza.
È un desiderio di fondamentale importanza perché ha a che fare con molte circostanze che ci capita di vivere.
È la volontà di eliminare le discrepanze tra il sé percepito/riconosciuto e quello agito. Non si tratta di un’esigenza di carattere etico, ma di qualità esistenziale.
Occorre dunque imparare l’arte di custodire le spinte interiori che ci muovono nella direzione del Vangelo perché possano gradualmente dare forma anche al nostro agire.
5. La risposta dei capi.
Si limitano a sviare il discorso e procedono a delegittimare Nicodemo accusandolo di essere un simpatizzante di Gesù e dunque non più attendibile come maestro di Israele.
L’origine di Gesù è, per i capi, ragione sufficiente per squalificarlo. Il dettaglio delle sue radici viene strumentalizzato anziché essere occasione di stimolo e ricerca.
L’umiliazione finale subita da Nicodemo è la cancellazione di ogni sua autorevolezza: è evidente, per i compagni del Sinedrio, che non ha studiato a sufficienza.
Il suo desiderio di Giustizia resta così temporaneamente frustrato.
I membri del Sinedrio sembrano la rappresentazione vivente della morte del desiderio, di ciò che spinge verso l’altro e verso l’oltre. Sono uomini che, per quanto dicano di attendere, non nutrono in realtà alcuna vera speranza. Non ne hanno, peraltro, alcuna necessità.
6. Nicodemo e il tema del desiderio.
La figura di Nicodemo non ci offre una lezione sul desiderare, la sua importanza, il suo carattere decisivo per la vita e per la fede. Bensì, ci offre delle qualità di desiderio che hanno un carattere universale e trasversale, con le quali possiamo confrontarci fruttuosamente. Sono le cinque che abbiamo approfondito sopra.
È da notare, però, che Nicodemo incontra anche la frustrazione. Il suo desiderio di giustizia che fine farà? Troverà una risposta?
Va ricordato che nel caso di quei desideri che coprono l’arco dell’intera esistenza - come i cinque di cui sopra - l’esperienza della frustrazione è parte integrante di essi.
Si tratta di aspirazioni che trovano sempre soddisfazioni parziali e temporanee. Il loro compito fondamentale è infatti tenere la nostra esistenza orientata e tesa verso Colui che è l’origine di quelle stesse spinte di ricerca.
I grandi desideri che segnano un’intera vita sono palestre di allenamento della Speranza, della capacità di cogliere i segni nel presente per non smettere di attendere il compimento definitivo e futuro.