È un fuggiasco.
La sua colpa è far vivere.
Volere sfrontatamente la Vita altrui in barba all'arroganza della Morte.
Spingere a cercare la Vita.
Annunciarla come possibile.
Offrirla senza vincoli di sorta.
In lui la si tocca con mano e coloro che Lui tocca - fosse anche solo con la voce - vivono.
«Non vedranno la morte in eterno».
Sembra non vi sia colpa più grande che desiderare per tutti e tutte la vita più bella, più felice, più intensa, più vera, più piena possibile.
Chi non cammina deve poterlo fare.
Chi non vede deve avere la luce.
Chi è sfruttato deve conoscere la libertà.
Chi è oppresso deve essere salvato.
Chi è peccatore deve essere perdonato.
Chi è povero deve essere accolto.
Chi muore deve continuare a vedere la Vita.
Arriva all'ultima Gerusalemme da fuggiasco.
Lo vogliono uccidere perché Lui dà la Vita senza misura a tutti e tutte coloro che gliela chiedono.
Senza distinzioni e senza preclusioni.
Nessuno deve andare perduto.
È questo il Dio che Lui conosce.
È il Padre suo e Padre nostro ed egli opera da Figlio.
La somiglianza non è questione di geni, ma di volontà di Vita.
Valeva per lui, vale per chiunque si voglia dichiarare figlio o figlia di quel Padre.
In lui era la Vita.
Le sue Parole sono Vita. La sua Carne è Vita. Il suo Spirito è Vita.
Tutto in lui non era altro che limpida, amorosa e indiscriminata volontà di Vita.
Per l'amico e per il nemico.
Per il giusto e per l'ingiusto.
Per il santo e per il peccatore.
Per il buono e per il cattivo.
Non è venuto per condannare e giustiziare ma per salvare e dare Vita.
A ognuno. Ad ogni costo. Fino alla fine.
Volere la Vita gli procura la morte.
«Con lui sarà la fine del tempio e della nazione. Meglio che muoia uno solo che tutti!».
È la Morte che si mette la maschera della Vita.
Si uccide prima con le narrazioni e poi con le azioni.
Si crea il nemico dove non c'è. Si trucca il male coi colori del bene. Si deforma il volto del giusto in un ghigno malvagio.
L'omicidio così è inevitabile, il male minore, la cosa giusta da fare.
L'assassino diventa un salvatore. La vittima il vero colpevole.
Dicono di difendere la Vita ma non si fanno scrupoli di uccidere.
Fisicamente, moralmente, teologicamente perfino.
Perché la Morte è un potere, la Vita una resa.
Ma quanto è viva davvero una nazione costruita sulla morte, fosse anche di uno solo?
E chi adorerà un Dio che per salvare le pietre chiede la morte di un figlio?
Lui, con il suo ostinato far vivere, farà crollare davvero ciò che e costruito sul morire.
A Betania ha visto la gloria del Padre.
«Lazzaro vieni fuori».
Le bende della morte si sono sciolte e chi era nella tenebra ha camminato nella luce.
Ora è il suo turno, il buio già lo avvolge e l'anima sua è turbata.
Cerca luce, anche lui che è la Luce.
Cerca vita, anche lui che è la Vita.
Da fuggiasco si rifugia in casa di amici.
Ad accoglierlo un profumo prezioso.
Abbondante e inebriante come il vino di quelle nozze.
C'è chi è pronto a dar la vita per Lui.
È il grembo di una sorella che si ostina a volerlo mettere al mondo ancora e di nuovo.
I fratelli, invece, fanno calcoli su quale sia la vita che val la pena salvare.
Lui o il povero?
Come se una vittima fosse inevitabile.
La vita ha un prezzo e qualcuno deve pagarlo.
Dice tra le righe un discepolo, non importa quale.
Figlio degno del suo padre-padrone.
L'aroma del balsamo si dice abbia coperto quel giorno l'odore della morte.
Ma era la morte di quell'uomo, piuttosto, a odorare come un profumo.
Arriva alle porte della sua ultima Gerusalemme da fuggiasco e vi entra da morente.
Gli amici di Betania gli han già fatto il funerale.
Quel che segue è già «vita oltre la morte».
Rigettare l'immagine del guerriero salendo su un asino.
Rubare il mestiere al grano che nasce morendo nel chicco.
Gridare che perdere la vita è trovarla.
Chinarsi a lavare i piedi agli amici rinnegatori.
Imboccare il traditore.
Annunciare la propria assenza come la presenza più vera.
Disarmare Pietro e gli altri.
Rispondere con benevolenza alle percosse.
Consegnare lo Spirito compiendo ogni cosa.
Tornare a parlare di riconciliazione e perdono con le ferite ancora aperte.
Ecco la Vita Piena.
Vive così chi vede e vuole la Vita oltre la Morte.
Oltre la Morte come sistema, come etica, come politica, come pensiero, come soluzione, come opportunità, come potere, come strumento, come ricatto.
La resurrezione non è una rivincita, solo il racconto della verità di quanto già era stato detto e fatto.
Il Risorto è un amico che torna da amico col desiderio incontenbile di mostrare quanto abbondante sia la Vita e come la Morte sia solo penultima.
Nell'ultima Gerusalemme c'è tutto il dramma della storia umana.
Amicizie e tradimenti. Regali e furti. Violenze e benevolenze. Potere e debolezza. Divisione e comunione. Verità e menzogna. Amore e odio.
Ci sono giochi politici ed economici.
Manipolazioni dell'opinione pubblica.
Una nazione dominante e una che difende la propria identità.
Ci sono tangenti, interessi di parte, sotterfugi e favori.
C'è un popolo oppresso e gente che fatica a tirare la fine del mese, mentre i ricchi benestanti si godono la «disonesta ricchezza» da sedicenti benedetti da Dio.
Ci sono religiosi corrotti e una religione stordente.
Ci sono emarginati, malati che non trovano cure, orfani e vedove.
E poi mille storie di gente che ordinariamente, in mezzo al dramma della storia, cerca la propria strada per farne una strada di Vita.
Così come quell'Uomo ha tracciato la sua, cercando, annunciando, donando la Vita.
Il Dio della Vita si rivela in una storia di Morte.
E in chi, ostinatamente, vive osando andare «oltre la Morte», sebbene cammini ogni giorno incontro ad essa.
Non c'è modo di conoscere Dio se non dentro questa storia.
A meno di fare della fede poco più di una droga.
E deformare così i contorni della realtà.
Insieme ai tratti del volto di Dio.
È tempo di Vangelo.
Di questo Vangelo.