Dopo l'ultimo grido sulla Croce, esalato l'ultimo respiro, la terra si scuote con un gran boato. Poi, il Silenzio. E lei, la Madonna del Silenzio, la Madre che ha custodito i silenzi del Figlio, si fa Maestra nei sentieri cupi del Sabato Santo.
Ascolta che Silenzio. Tutto tace ora. I rumori della violenza e del dolore sono spenti. Il morto è nel sepolcro. Via, in tutta fretta per non rovinare la festa. Rotolata la pietra tutto sembra essersi fermato, quasi che la vita non sappia più che strade seguire. Il pastore è stato percosso, le pecore disperse. Silenzio, più forte perfino della profezia: «Quando sarò risorto vi precederò in Galilea». La vita del Cristo finisce nello spegnersi di parole, suoni, rumori come quella di un uomo qualunque. Ambigua creatura, il Silenzio. Fine o preludio? Assenza o discreta presenza? Distacco o misurato rispetto? Chi sa il nome di questo tacere? Chi conosce la grammatica di questo linguaggio? Chi può sostenere i nostri passi incerti nel buio dell’immobilità incombente?
Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!».
Maria, Madonna del Silenzio, Madre di Dio e Madre nostra. Nata, tu insieme a tuo Figlio, in quel dialogo fecondo che fu Silenzio più che parola: «Concepirai… Ecco la serva…». Tu che hai accolto la presenza silenziosa del Figlio, ne hai scrutato fin dall’inizio i taciti segni, hai trattenuto il fiato per coglierne i misteriosi movimenti, ha intessuto giorno dopo giorno un dialogo nascosto con il tuo grembo gravido di mistero. Come tutte le madri, interpreti fedeli e perfette dei silenzi dei figli. Tu “sai” il Silenzio di Gesù. Madre nel Silenzio, Madre del Silenzio, guidaci in questo mistero muto di dolore e di morte.
Vedo sul tuo volto sfatto dal dolore, il permanere di una vivace attenzione, segnale di una vigilanza attiva. Tutta tesa a percepire un fruscio, un suono, una vibrazione. Come chi già sa e ben conosce il tempo che sta vivendo. I tuoi occhi sembrano aver già percorso questo sentiero e prendono la luce di un’attesa già vissuta, seppur in altri tempi, con altri colori e altre forme. Dicono che le donne gravide splendano di una luce innaturale. E pare, il tuo viso, seppur dolente, quello di una Madre in attesa pronta per un nuovo parto. La terra è gravida del tuo Figlio, come di un seme nascosto. E tu lo attendi. L’hai di nuovo ricevuto in grembo, con le tracce dell’amore - il suo - sulle sue mani e sui suoi piedi. Quella vita nascente che tu imparasti ad ascoltare per vibrare con essa all’unisono, è di nuovo misteriosamente in te. Sento la tua voce che con pazienza ripete ai discepoli le parole che il tuo Figlio già aveva detto loro: «La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.» Il tuo seno di Madre, Maria, sa e crede che questo è il tempo di una nuova nascita, il preludio di una nuova creazione. Questo è il Silenzio primitivo che aleggiava sulle acque primordiali e preparava l’esplodere della vita.
«Ecco io faccio nuove tutte le cose».
Tu, Madre nel Silenzio, Madre del Silenzio, hai visto accadere questa genesi giorno per giorno. L’hai ammirato costruire nel suo farsi uomo, un’umanità nuova, giorno dopo giorno, evento dopo evento, età dopo età. Hai contemplato il plasmarsi lento di un altro Adamo, anche questo fatto di terra e spirito, ma portatore di una Vita originale. Sono sbocciati discretamente su di Lui, davanti ai tuoi occhi, i segni dell’Amore. Dare senza misura, farsi servo, perdonare i peccatori. Cercare i poveri, accogliere i bambini, sanare i malati. Prendersi cura dei nemici, non serbare rancore per le calunnie, vivere in mitezza e umiltà, benedire chi lo malediceva. Non minacciare vendetta a chi lo osteggiava, intercedere per chi non credeva, affidarsi al Padre cercando la sua volontà prima di tutto. Amare chiunque, amare comunque, farsi tutto dono in pura e perfetta perdita di sé. Hai visto aprirsi le piaghe della Croce giorno dopo giorno, amore dopo amore. Il Calvario, in fondo, non ti ha detto nulla di nuovo. Tu che ti sei immersa con Lui nel Silenzio di Nazareth già sapevi gli spazi d’Amore a cui aveva disteso la sua umanità. E, per il tuo essere tutt’uno con Lui, già avevi imparato che in quello spendersi, la vita in tuo Figlio, anziché spegnersi, cresceva potente, straripante e incontenibile.
Ti ascolto raccontarmi con lo sguardo che questo è solo l’inizio del compimento. L’uomo che tuo Figlio è stato ha i tratti del “senza fine”, come l’Amore che muoveva ogni suo gesto. Il legno, i chiodi, i flagelli si sono accaniti sulle mani che hanno servito e curato, sui piedi che hanno viaggiato incontro al povero, sul volto che ha steso misericordia sui peccatori. E ora il sudario e la pietra tombale si ostinano a voler coprire di Silenzio una Vita che già sapeva d’eterno. Tutto è fermo, immobile, silenzioso. Ma il tuo grembo di madre, Maria, sa che quella Vita non si contiene e quell’Amore non si spegne. Il Regno viene, l’Uomo Nuovo nasce. Dal Silenzio sta emergendo l’umanità dei misericordiosi, dei miti, degli operatori di pace, degli affamati di giustizia, dei puri di cuore, dei poveri in spirito, dei consolati nel dolore. Nel sepolcro è stato deposto il germe di un’altra Vita. Il ribaltamento degli ordini costituti è in atto: se la morte è nascita, chi si perde si salva, gli ultimi divengono primi, chi si esalta viene umiliato, i potenti rovesciati, i piccoli innalzati.
E tu, Maria, Madonna del Silenzio, Madre di Dio e Madre nostra, non smettere di esserci Maestra nei silenzi che accompagnano le nostre morti e nell’immobilità angosciante che segue i nostri Calvari. Raccontaci, ogni volta, che qualunque nome o forma abbiano le croci che portiamo, incamminandoci sulla via dell’amore potremo farne un germoglio di vita nuova. Insegnaci, ancora, che qualunque profondità abbiano i sepolcri delle nostre miserie, le sue mani ferite, i suoi piedi laceri, il suo volto dolente non conoscono sconfitta. Sussurraci infine, qualunque tratto abbia assunto la nostra umanità, la parola che sovrasta ogni prepotente silenzio: «Ecco io faccio nuove tutte le cose».