In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. (Gen 1, 1-3)
In principio c’è il buio di un deserto desolato e informe.
Tenebra e caos, oscurità e abisso.
Una distesa solitaria e lugubre, un oceano cupo e minaccioso.
Su tutto il respiro di Dio, come un ruggito, anch’esso potente, fin quasi violento a muoversi sulla superficie delle acque.
Un moto vivace ma trattenuto, una forza dirompente e contenuta che calma la propria potenza per non rinforzare il caos che già regna sovrano.
D’un tratto il respiro impetuoso si modula e modella in una parola: «Dio disse».
Un discorso, un pronunciamento, una forma precisa in mezzo al caos.
L’informe prende forma in un verbo, il non senso caotico diventa senso e ricchezza di significato.
«Yehior». «Sia Luce».
La prima parola di Dio.
Il primo dirsi di Dio illumina.
La forza prorompente del respiro di Dio che potrebbe essere devastatrice, decide di imbrigliarsi e convogliare in un sospiro delicato - «Yehior» -, per diventare potenza creatrice e vivificante.
La prima parola pronunciata da Dio è un soffio, un musicale alternarsi di aspirate e vocali.
La prima Parola di Dio è la sua prima creatura: la luce.
Dio crea arginando la propria potenza e convogliandola perché sia sempre e solo generativa e mai distruttiva.
Quando il suo respiro si declina in una parola è per dare vita e mai per distruggere.
Per questo nemmeno il buio viene distrutto.
Anche alla luce si ponga un limite.
Nessuna creatura è fatta per spadroneggiare
Dunque la tenebra rimanga, al confine del luminoso.
Dio crea separando e differenziando, ponendosi a garanzia della differenza e del rispetto del confine.
Il limite è ciò che permette alla creatura di essere quel che è.
È l’incontro con il suo opposto a consentirle di rivelarsi nel suo volto più proprio.
La creazione fonda le differenze e stabilisce le relazioni tra esse.
Ciascuna creatura potrà essere quel che è solo accettando di incontrare e di scontrare la differenza altrui.
Sia la Luce e sia anche la Tenebra, allora.
Verrà il Figlio, che è nel principio fin dal principio.
Verrà come Luce a risplendere nella Tenebra.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1, 1 e ss.)
Come la luce che consente di vedere, orientarsi, interpretare, così la Parola - il Verbo, il Logos - fin dalle origini è portatrice di senso e di valore.
L’esistenza non si comprende se non per mezzo suo.
Il dono della vita creata e il dono del suo senso, del suo valore sono inseparabili.
Non c’è vita autentica senza esperienza di senso e di valore.
È così vero che quando non si riesce a dare un senso o un valore a ciò che si vive, è forte la sensazione di «non vivere davvero».
Colui che viene nel mondo come Luce vera si offre come il grande orizzonte di senso per la vita di ogni uomo e donna, stabilendo la possibilità perché ognuno possa fare di sé uno spazio di significati personali e originali.
Egli è Luce non perché impone il significato delle cose, ma perché crea le condizioni affinché ciascuno possa intuire, costruire, attribuire significati e valori secondo la propria originale libertà.
Le tenebre del non-senso e della disperazione non l’hanno vinta.
Il mondo è abitato dalla Luce.
La vita di Colui che è Luce del mondo racconterà poi che la srtada più feconda per riempire di senso di ogni esistenza è l’esperienza dell’Amore, quello che viene dal Padre e che si incontra nel volto del fratello.
Ma le Tenebre resteranno.
Il Buio e la Luce continueranno a lottare dentro la vita di ogni uomo e di ogni donna.
Il Buio che si chiama anche rabbia, disperazione, malattia, divisione, invidia, solitudine, emarginazione, povertà.
E ha il volto del tradimento, della sconfitta, dell’assenza di futuro, del rancore, dell’indecisione, dell’ipocrisia e della menzogna.
Il peccato. La morte.
Il Buio che è il Male in tutte le sue forme e in tutte le sue accezioni.
Quello fuori di noi, quello dentro di noi.
La Luce, che ha tanti volti e nomi quanto il Buio, ovviamente uguali e contrari.
Amore, gioia, armonia, pace, consolazione, perdono, affetto, amicizia, solidarietà, compassione, bellezza, mitezza, unione, soddisfazione, coraggio, forza, accoglienza, intelligenza, sapienza e così via.
La giustizia. La Vita.
La Luce che è il Bene in tutte le sue forme e in tutte le sue accezioni.
Quello fuori di noi, quello dentro di noi.
Ciascuno cammina quotidianamente nell’alternarsi di squarci luminosi e tratti tenebrosi.
Con la voglia di accelerare il passo quando l’oscurità scende e di rallentarlo per godersi la bellezza della luce quando splende.
Un giorno si splende di bene come il sole e il giorno dopo si diventa cupi di male come la notte.
Ma cosa si darebbe affinché fosse tutta luce e non ci fosse un secondo di oscurità.
Perché anche Colui che era la Luce del mondo ha dovuto attraversare l’oscurità?
Perché nel suo splendore di Vita ha voluto lasciare lo spazio anche al buio della Morte?
Perché il senso luminoso delle sue parole si è sovrapposto all’insipienza dei figli delle tenebre?
Ma il Padre è creatore e non distruttore.
E il Figlio cammina tra i chiaroscuri dell’umanità, perché nessuno, quand’anche diventasse tutto tenebra, disperi mai della possibilità di avere per sé anche un briciolo di senso e di valore.
Un solo raggio di Luce.
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. (Is 9, 1-2a.5a)