Il Vangelo chiede l’infinito coraggio di accogliere la sfida della Libertà e la vocazione all’Amore.
È per tutti. Forse, però, non è da tutti.
Entrato nel tempio, Gesù si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: / “La mia casa sarà chiamata / casa di preghiera per tutte le nazioni”? / Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. (Mc 10, 15-18)
Avevano incatenato l’amore gratuito di Dio ai meccanismi della compravendita.
Con tutta la “sapienza teologica” a supporto della circostanza.
Avevano rinchiuso l’affetto libero dei figli nel recinto anossico delle prescrizioni rituali.
Con tutta la “tradizione autentica” a difesa dell’istituzione.
In nome di Dio.
I tavoli che si ribaltano sono catene che si spezzano.
Le sedie che si rovesciano sono prigioni che crollano.
Lui è il: «liberi tutti».
Perché la casa - il tempio - è la casa di un Padre.
Non la si abita se non da figli.
È il luogo delle confidenze intime, degli abbandoni fiduciosi, delle suppliche commosse.
È il luogo dell’amore, che ha mille modi, centomila espressioni, un milione di occasioni quando stringe la mano di sua sorella, la libertà.
Ma: «Avevano paura di lui».
Della Sua Libertà. Del Suo Amore.
Il Vangelo chiede l’infinito coraggio di accogliere la sfida della Libertà e la vocazione all’Amore.
È per tutti. Forse, però, non è da tutti.