Mi accomodo sul gradino del sepolcro aperto, perché da quella porta spalancata esce la Luce del mondo, quella che illumina ogni cosa nella sua autenticità. Mi siedo e attendo.
Mi metto sulla porta di quel sepolcro vuoto e guardo indietro ai giorni del Compimento pasquale. L'inerzia del mio cuore, della mia mente e del mio corpo rende lunga la digestione del Mistero. Ci vuole pazienza. Ho bisogno di tempo. È necessario ruminare con lenta costanza. Parole, gesti, situazioni del dramma crocifisso e risorto devono scorrere nuovamente dentro di me a distanza di giorni. Tornare nel cenacolo e scendere ancora nell'orto. Seguire Gesù nel cortile del Sommo Sacerdote e udire di nuovo gli scherni dei soldati. Avvertire lo sforzo dell'agonia e respirare il soffio che spira dal sepolcro ormai inutile. So che è così che la fede cresce e si nutre. Ho imparato che facendo decantare la memoria dell'Incontro cresce l'istinto della Sua Presenza. Mi accomodo sul gradino del sepolcro aperto, perché da quella porta spalancata esce la Luce del mondo, quella che illumina ogni cosa nella sua autenticità. Mi siedo e attendo.
A tavola col Nemico.
«La mano di colui che mi tradisce è con me sulla tavola». (Lc 22, 21)
Due mani si tuffano nello stesso piatto. Quella dell'Amico e quella del «mercante pessimo» si sfiorano, si incrociano, si scontrano. Mi era parso uno sfregio quella presenza maligna. Uno squarcio di violenza nel Pane del dono mite. Un affronto, un incidente di percorso. Una vile rapina di un po' di armonia alla bellezza della perfetta Comunione. Ma da qui, dalla soglia della vita che ha vinto la morte, quello squarcio pare ora un ricamo. Senza il Traditore l'Eucaristia non avrebbe lo stesso sapore. È un Pane che vive quando si spezza. È un'Alleanza che si stringe per quanto è minacciata. Non si può che celebrare così, come una mensa tradita e ferita. Come un tavolo degli impuri votati alla morte e salvati dal Pane della Vita.
Il Dio buffone.
«Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: "Salve, re dei Giudei!". Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.» (Mt 27, 28-30)
Il drappo rosso sulle spalle, una canna nella mano destra. Il viso è livido e sfigurato, le membra gonfie paiono deformi. Le movenze sono goffe e l'incedere impacciato per le catene. L'ho guardato il venerdì come il Dio della paziente dignità. Vincente e convincente nella mite sopportazione delle ingiurie. Mi ero fermato affascinato dallo strapotere della sua umiltà e dalla prepotenza della sua modestia, senza avvertire lo stridere dell'ossimoro. Appoggiato alla pietra del sepolcro comprendo ora lo spaventoso e inaccettabile scandalo. Il mio Dio ha i panni di un buffone. Una maschera grottesca che tutto ispira fuorché la fede e la devozione. Una macchietta comica senza alcuna speranza di suscitare rispetto e deferenza. Questa della debolezza di Dio è dunque una storia seria. Tutto fuorché una sceneggiata. La Sua fragilità è reale. Il Suo retrocedere per far spazio all'uomo è effettivo. La S ua discrezione che salva la libertà umana è assoluta. L'unica potenza che Gli esplode in mano è vincere la morte. Il resto, roba da uomini.
Le mani sul grembo.
«L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".» (Lc 1, 30-33)
Da qui ora ti vedo bene. Dalla tomba ormai vuota riconosco che la Luce della Pasqua ti ha avvolta fin da quell'incontro primaverile con l'Innamorato Divino, Maria, Madre del Crocifisso Risorto. I dolori di questo Sabato sono quelli del travaglio. Le mani sul grembo ascoltano la Vita che, scesa con la Croce negli abissi, freme nel ventre tuo prima che in quello della terra. Ti ha dato a noi come nostra Madre perché tu sapevi, come solo Lui sa, la Vita e il suo potente affermarsi. Tu sei Madre della schiera dei risorti. Tu ci insegni le vie della fede pasquale. Ti hanno chiamato «Addolorata». Ma tu, piuttosto, sei: Maria, la «Madre della Vita che non muore». E come te, in ogni nostro Sabato Santo, faremmo bene a mettere le mani in grembo, ad ascoltare i fremiti del Risorto che viene a rimetterci al mondo.
Un letto sfatto.
«Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.» (Gv 20, 6-7)
È domenica. È ancora Pasqua. Guardo nel sepolcro e a distanza di una settimana i teli e il sudario sono ancora lì. Come un letto di una casa abbandonata in fretta e per sempre. Gli uni dalla parte, l'altro dall'altra. Nessuno li ha presi. D'altronde le reliquie servono a chi vive nel passato. Il Risorto è il Presente. Non occorre più altro.
Buona Pasqua.