Un prete non può e non deve contare nulla. Essere inutili è una libertà vertiginosa. Mi piace. Mi piace da matti.
Ritrovo di vecchi amici. Si parla del più e del meno.
Con qualcuno non ci si vede da vent’anni. Riassunti di vita scorrono di qua e di là. Senza alcun motivo apparente, eccola. «Anche voi preti ormai non contate più un c…». Improvvisa e fulminea, come un colpo di stiletto sferrato a tradimento, arriva furtiva, nel parapiglia dei discorsi che si addossano l’uno all’altro. Per un attimo mi manca il respiro. Dissimulo, ma accuso il colpo. Forse il suo autore se ne accorge e abbozza qualche spiegazione. «Son cambiati i tempi… Tutti quegli scandali… Il mondo oggi è diverso… Siete anche bravi ma alla gente non servite più…». Il tentativo goffo di rimediare non fa che allargare la ferita. Sanguino stordito. E resto lì a domandarmi, dietro alle quinte dei discorsi che han già preso un’altra piega, che cosa sia successo. Il cibo, il vino e i volti familiari fan la loro parte. Un po’ di anestesia. Un tampone sulla ferita. Si fa in fretta a dimenticare. Chiudo la porta della stanza che mi fa da casa ancora indolenzito. Il sonno è un buon rifugio.
Apro gli occhi svegliandomi da prete inutile e mi sento bene.
«Anche voi preti ormai non contate più un c…». Ripasso con le dita dei pensieri la ferita che temevo di trovare infetta di umiliazione e senso di sconfitta. E invece no. Sto bene. Respiro profondo e l’aria che mi riempie ha l’odore della libertà. Sì, da prete inutile sto bene. Sgranchisco e stiracchio le membra del mio ministero. Sono sciolto come non mai. Quasi quasi mi metto a correre. Vuoi vedere che fin qui ho solo passeggiato?
Mi domando se avessi la presunzione di sentirmi determinante.
In fede, no. Non l’avevo. Ma qualcosa ancora doveva morire. Mi tornano le parole di René Voillaume:
«Finché avrai la certezza sentita e umana, un po’ soddisfatta, dell’utilità della tua vocazione, vi sono molte probabilità che il tuo amor proprio sia ancora la ragione della tua vita. Lascia che Gesù faccia in te ciò che il suo amore vuole… Se la tua vocazione è così elevata da dover essere incompresa da ciò che quaggiù è umano, bisogna che essa sia reincompresa da ciò che resta di umano in te.» (R. Voillaume, Come Loro)
Forse questo. La pretesa di comprendere, di collocare, di motivare in qualche modo una vita come la mia. Non posso stupirmi di essere più libero. Qualcosa muore e qualcosa nasce di più vivo e di più vero. Funziona così il Vangelo della Pasqua: la Vita dalla morte. È la Fede che credo, la Speranza che nutro, l’Amore che accolgo.
Forse, davvero un prete non deve avere alcun motivo “ragionevole” di esistere.
Alcuno che non si rifaccia a quell’Amore che si è annunciato così debole da non voler contare nulla. Un prete non può e non deve contare nulla. Essere inutili è una libertà vertiginosa. Mi piace. Mi piace da matti. Sento il Vangelo che pulsa e chiama con la voce della Povertà di spirito. Quella che ancora non ho, ma che sento alle calcagna, desiderosa - Lei - di vincere le mie resistenze. «Anche voi preti ormai non contate più un c…». Sia lodato Gesù Cristo.