L’aria è quella delle prime volte. Se ne sente tutta l’elettricità. Curioso. Gerusalemme l’ha già incontrata, la conosce, la ammira. La ama. E dunque? Ma questa è una prima volta, un faccia a faccia così non c’era mai stato.
Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, / il re, nel nome del Signore. / Pace in cielo / e gloria nel più alto dei cieli!». (Luca 19, 28-38)
Cerimonia di inaugurazione.
L’aria è quella delle prime volte. Se ne sente tutta l’elettricità.
Curioso. Gerusalemme l’ha già incontrata, la conosce, la ammira. La ama. E dunque?
Ma questa è una prima volta, un faccia a faccia così non c’era mai stato.
Sarà che Lui pare mettersi a nudo sul quel puledro, tra le fronde e i canti della folla festante. E più ancora in quel che farà di lì a poco. Spogliato, letteralmente, perché tutta Gerusalemme veda. Lo veda, Lui e quella sua sovranità così inedita.
Sarà che lei, la Città, sarà repentinamente denudata dalle sue parole, calde di lacrime di intensa passione, limpide nel descriverne i chiaroscuri, intime nel dirsi e nel darsi a lei. Spogliata dai gesti rapidi e precisi di Lui, bramoso di liberarla dagli orpelli inutili e ridondanti; mani forti e decise che la strappano dai nascondigli delle sue ambiguità.
Ci sono anche i rituali che parlano di una prima volta. Gli ordini di Gesù sono preparativi: «Andate... troverete... slegate... dite...». Non si arriva col solito passo e non ci si presenta con l’abito feriale.
E poi ci sono i gesti imbarazzati tipici delle iniziazioni. I mantelli gettati in tutta fretta, le parole dette più per imbarazzo che per consapevolezza, l’eccitazione che inebria e che fa salire i toni sopra le righe.
Il puledro è anche lui a un iniziato. Nessuno mai l’ha cavalcato, Gesù è il primo e questa è una cavalcata mai avvenuta, un’altra prima volta. Ciò che sta per accadere non s’era mai visto.
Quel che Gerusalemme vedrà, sentirà, toccherà è un inedito assoluto. E tutte le prime volte sono anche un’inaugurazione, l’inizio di qualcosa che segna la storia, una volta per tutte.
Strada facendo.
Lo si poteva intuire, a voler bene ascoltare.
Lui arriva dal deserto camminando davanti a tutti.
Non lo fa come un condottiero. Gli Apostoli lo vorrebbero così, impegnato nella marcia d’avvicinamento per una campagna militare.
Loro che ancora sognano il ristabilirsi dell’Israele antico e respingono chiunque rallenti l’avanzata del Comandante, non importa se sia un cieco a Gerico, un bambino da accarezzare o una donna da guarire.
Ma Lui non avanza su Gerusalemme come un guerriero. È solo uno che apre una via mai vista e che solo lui conosce. Non vuole essere altro che questo.
Ogni passo è nuovo, mai compiuto. Ogni orma è una prima volta, mai calcata.
L’ha fatto per tutta la strada, quella a cui Luca ha dato avvio in 9, 51 («prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme») e che si conclude ora sulla schiena di un asino.
A Nazaret aveva mosso il primo passo: «Lo spirito del Signore è su di me mi ha mandato a proclamare l’anno di grazia» (Lc 4). «Io sono l’inizio di questo... In me si avvia un tempo nuovo... Per la prima volta vedrete il Volto vero del Padre».
Lui era l’Inizio. Lui portava in sé lo Spirito che «era in principio», ciò che dà avvio ad ogni cosa.
Da lì, ogni falcata, un profluvio di cura, pazienza, liberazione, misericordia, mitezza, umiltà, guarigione, consolazione. Ogni volta sempre più vera, ogni giorno sempre più nuova. Ogni volta una prima volta.
Una Grazia senza una fine, una Grazia che era sempre un nuovo inizio.
E al suo passaggio le vite cominciavano nuove, ricominciavano. Si rialzavano e si scuotevano la polvere del già visto di dosso. Tutte nuove, sempre nuove. All’inizio.
Subito a cercar di mettergli i ceppi ai piedi, quelli là che amavano lo status quo. La via che indicava era impervia e inconsueta. Troppa Grazia.
E la Grazia è un sentiero impossibile per chi si sente forte. È roba da poveri, mentre loro si sentivano forti. Forte è chi è già avviato e si stabilito. Forte è chi non accetta di ricominciare.
Ma si poteva davvero credere a un uomo che si propone come l’Inizio?
L’Inizio di ogni cosa.
Quest’ingresso a Gerusalemme è una prima volta e come ogni prima volta è anche un’inaugurazione.
Se Colui che viene nel nome del Signore porta in sé la forza dell’Inizio, questa prima volta è un «per sempre», quello fatto del perenne rinnovarsi. Della Vita, della Grazia.
L’abbraccio sarà violento. Lui la stringerà. Gli spigoli affilati della Città sorda lo feriranno. Lui la stringerà. Le punte acuminate della Gerusalemme cieca lo trapasseranno. Lui la stringerà.
La porterà con sé in quello sprofondo mortale da cui tornerà per segnare l’Inizio della Storia. La Prima Volta in cui la morte è vinta. L’Ultima Volta in cui ha osato alzare la voce.
La fine è un Inizio. Nel far di ogni passo una prima volta si è visto il compiersi della Vita Piena.
Cristo, il Crocifisso Risorto è il nostro Inizio.
Puoi (ri)cominciare ogni giorno da qui.