L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». (Luca 1, 26b-28.)
Mi hanno detto di diffidare da questa mia carne.
In tanti modi e in tante occasioni si sono impegnati perché la temessi.
«È fragile», dicevano. «Incline al male e ribelle al bene».
«La carne della nostra umanità è un terreno infido, un puledro mai domo, uno schiavo disubbidiente.»
«Sottomettila, fiacca le sue resistenze, sradica le sue viziose passioni» mi consigliavano. «È ingorda e senza disciplina. Affamata, assetata, sensuale e capricciosa».
«Inaffidabile e bugiarda, ti abbandona quando devi andare spedito, ti urge quando cerchi uno spazio di sosta».
«Dovrai imparare a sopportarla - mi anticipavano -, saprai gestirla se sarai scaltro, riuscirai a contenere i danni che non potrà che causarti».
«Sii prudente e sempre vigilante, soprattutto sulla carne della tua umanità. È il punto debole e il nemico lo sa - dicevano saggi - ti attaccherà lì, ma tu non farti sorprendere».
E la mia carne è poi diventata quella degli altri uomini e delle altre donne. E poi il mondo e la storia che erano attraversati da quelle umanità.
Fuggire l’umanità, fuggire il mondo, fuggire la storia.
La salvezza sta altrove, in un non-tempo non ben definito e in un non-spazio mai ben collocato.
La santità come un movimento di evasione.
Poi m’è caduto l’occhio sul Vangelo di Cristo.
E ho visto che non c’è salvezza se non in questa carne, dentro questa umanità, nelle pieghe di questo mondo e di questa storia.
Me lo dice il Dio fatto uomo, nella storia di una donna, nello spazio di un villaggio sconosciuto, nell’umano di una famiglia ordinaria.
La Sua carne ha toccato la mia carne. Nel grembo di una donna che ha la mia umanità.
E non ho domanda di fede più radicata e radicale del capire come dare ogni giorno la mia carne d’uomo a quella del Figlio di Dio fatto uomo.
Dargli le mie passioni, i miei desideri, le mie stanchezze, le mie soddisfazioni, i miei gusti, le mie sensibilità, le mie braccia, le mie idee, i miei ricordi, i miei occhi.
Perché venga e faccia bello anche me.
Così come ha fatto con l’Immacolata Madre. Madre sua e Madre nostra.
Maria non è Immacolata senza essere Madre.
La carne del Figlio di Dio che si fa uomo nel suo grembo è l’accadere della Volontà che l’ha preservata da ogni male.
Maria è Madre Immacolata. Perché solo con il Figlio è tutta piena di Grazia.
Non c’è modo di essere santi e immacolati al cospetto di Dio se non trovando o accogliendo la via perché la Sua carne tocchi la nostra.
Al Vangelo si crede attraverso la carne. O si rischia di credere a qualcosa d’altro.