Lectio su Mt 9, 1-13 proposta a un gruppo di giovani coppie di Lecco.
Salito su una barca, passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati". Allora alcuni scribi dissero fra sé: "Costui bestemmia". Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: "Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati e cammina"? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua". Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini. Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Udito questo, disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori".
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Il Contesto del brano.
La parte del Vangelo di Mt che va da 4, 23 a 11, 30 racconta l'attività in parole e opere - discorsi e miracoli - con cui Gesù si rivolge ad Israele. È la narrazione distesa di ciò che Mt sintetizza inizialmente in: «Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattia e infermità del popolo» (Mt 4, 23). Gesù mostra materialmente quale sia l'effetto del Regno, che tipo di signoria sia quella del Padre e in quale modo Lui traduca l'autorità che gli è stata data: guarigione, salvezza, liberazione dal male. Le parole e le opere di Gesù annunciano il Regno come un principio di guarigione, di liberazione, di consolazione, di misericordia, di riscatto; in una parola: di salvezza. Un principio che chiama alla collaborazione e invita alla Sequela, a un discepolato che, anzitutto, traduca in scelte di vita, in pratica concreta, la propria adesione. In quest'attività taumaturgica e di annuncio Egli trova accoglienza e insieme resistenza. I deboli, i malati, i peccatori, i poveri, gli emarginati lo accolgono subito con entusiasmo. Un gruppo di discepoli lo segue da vicino e si lascia affascinare dal «Vangelo del Regno»: ad essi Gesù riserva una particolare cura e un particolare insegnamento, come si vede nel discorso della montagna. Israele invece, nei suoi capi e in coloro che li seguono, Lo rifiuta ostinatamente e duramente. Nulla di più comprensibile: ciò che Gesù annuncia è il ribaltamento di ogni ordine costituito dagli uomini per ristabilire quello voluto da Dio. È quel che anche Lui si trova a constatare con esultanza al termine di questa sezione del Vangelo di Matteo: «Ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose (il Vangelo del Regno) ai sapienti e ai dotti (scribi, farisei, capi e loro seguaci) e le hai rivelate ai piccoli (gli "ignoranti" della Legge)» (Mt 11, 25) e che lo spinge a dare alla sua missione una direzione e una connotazione ancora più chiare: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28). In questa grande sezione, tra il discorso della montagna e il discorso missionario, Mt colloca due capitoli in cui ricorrono dieci racconti di miracoli (tutti di guarigione più la tempesta sedata), inframmezzati da richiami al tema della sequela e delle esigenze ad essa collegate e da tre diatribe su vari aspetti. Nella breve sezione che commentiamo sono presenti tutti questi temi, ma per la presenza di due diatribe su tre, emerge in maniera particolare il contrasto con l'Israele testardo e ostinato. Ciò che colpisce è la ragione dello scontro: il perdono dei peccati, la compassione per le anime ferite, la prossimità coi peccatori sono un problema per scribi e farisei.
«Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati». (Mt 9, 1-8)
Gesù torna nella sua città dopo un breve passaggio in terra straniera (esorcismo dei gadareni) e riprende il suo annuncio in parole e opere al popolo di Israele. L'episodio del paralitico, rispetto a Marco, è privato di molti particolari e ridotto all'essenziale perché appaia che il centro dell'episodio sono le parole di Gesù: «Figlio, i tuoi peccati sono perdonati, adesso». È il cuore dell'esperienza cristiana, dell'esperienza del discepolo: la remissione dei peccati, di ciò che "separa" l'uomo da Dio, è la meta a cui puntava tutta la storia. Il fatto che Gesù, a fronte della fede professata e dimostrata, offra come prima cosa il perdono dei peccati indica quanto tale grazia sia il nucleo essenziale della sua missione: sembra che non sia venuto per altro che quello e tutto il resto non è che un corollario e una traduzione di quest'intenzione di salvezza. Allo stesso tempo, Mt ci suggerisce in questo modo che l'esperienza di fede, in sintesi, consiste proprio e anzitutto in quest'esperienza di misericordia e che l'ingresso nel Regno, la ricerca del Regno, la pratica della giustizia hanno a che fare con l'accoglienza di una grazia riconciliante. Sorprendente è il fatto che ad un uomo vengano rimessi i peccati per la fede altrui. Non si parla di conversione, di penitenza, di cambiamento di vita. Non c'è un invito a «cercare il Regno», ad annunciare la grazia ai fratelli, a portare frutto. Nulla. Solo la grazia. Scandaloso e rivoluzionario per una religione che si fondava sul concetto di merito e che stabiliva i rapporti tra il credente e Dio in termini commerciali: il perdono veniva concesso dal Signore solo a fronte di onerosi sacrifici e pesanti penitenze. La misericordia si "acquistava". Gesù la regala. Per gli scribi non può che trattarsi di una bestemmia, anche se Mt non spiega esplicitamente il perché, dipingendoli alla fine come “persone malvagie” e malevole, a prescindere, nei confronti di Gesù. Su di loro Gesù manifesta una grande superiorità e autorevolezza, «vedendo» - letteralmente - i loro pensieri e venendo in contro alla loro resistenza, al loro cuore paralitico con un gesto dimostrativo a sostegno della propria affermazione circa il perdono. Il centro della passo è l'affermazione che Gesù fa di se stesso al v. 6: si identifica con il Figlio dell'uomo, l'inviato di Dio, auto attribuendosi il potere di rimettere i peccati. Quest'annuncio di grazia è il culmine, tanto che il versetto si interrompe, creando come una tensione, un richiamo di attenzione contemplativa. La sovranità di Gesù - la sovranità del Padre, il Regno dei cieli all'opera nel mondo - è un'offerta di misericordia, nella sostanza, gratuita. Che potere è un potere che si fa compassione e perdono disinteressato? Come si potrà applicare la giustizia? Come si comprenderà ora ciò che è bene e ciò che è male? L'uomo non sarà troppo libero e dunque troppo pericoloso? Che società può stare in piedi fondata sulla misericordia? La lode della gente non si leva per la guarigione prodotta da Gesù a conferma del proprio potere di remissione, ma perché Dio ha dato «agli uomini» il potere di rimettere i peccati. Il plurale utilizzato non intende semplicemente identificare Gesù come "uomo tra gli altri uomini", bensì richiamare l'estensione del Suo potere alla comunità. L'autorità di Gesù passa alla sua comunità, che sperimenta tale potere di remissione e perdono nella celebrazione della cena, nella preghiera e come ordinamento fondamentale della sua esistenza: è il potere del Figlio dell'uomo che rende capaci di rimettere i peccati. Se al Figlio dell'uomo è stato dato ogni potere, la sua autorità continua ad operare ovunque Egli sia con i suoi. L'annuncio «Io sono voi tutti i giorni» va letto anche in questa prospettiva: la chiamata a perpetuare l'annuncio e l'opera della grazia. Ogni volta che osiamo offrire il perdono esercitiamo la potenza di Dio.
Matteo o Levi? Pubblicano. (Mt 9, 9)
La riscrittura delle regole di prossimità a Dio e di Dio continua con la chiamata di Matteo. L'iniziativa è tutta di Gesù: Egli comanda imperiosamente e Matteo obbedisce. Non viene chiamato Levi, bensì Matteo, diversamente da Marco. La ragione è da ricercarsi nel fatto che nel gruppo dei dodici era presente un pubblicano - Matteo - e nel materiale con cui l'evangelista compone il suo vangelo era presente il racconto della vocazione di un pubblicano, Levi. Per Mt la figura del discepolo coincide quasi sempre con quella dei dodici, a dire che essere discepoli significa sempre e comunque essere in relazione con il Gesù terreno e obbedire ai suoi comandamenti. Perciò l'evangelista cuce la vicenda di Levi sull'apostolo Matteo. Quel che conta, in definitiva, è la presenza di un pubblicano nella schiera dei 12. Ricordiamo che per gli ebrei, i pubblicani che non osservavano la Legge erano una delle cause del ritardo del compimento delle promesse messianiche; ricordiamo anche che un pubblicano per redimersi avrebbe dovuto compiere grandi e onerose penitenze, che invece a Matteo/Levi non vengono comminate. La prossimità del Regno precede la conversione e la Misericordia offerta prepara il cambio di vita.
«Preferisco la Misericordia» (Mt 9, 10-13)
Gesù entra poi in una casa, non importa di chi sia, conta solo che sia una dimora, perché quel che si stabilisce in una casa è un clima di ospitalità, di reciproca accoglienza e di familiarità. Mangiano "coricati", appoggiati al gomito sinistro, come si faceva nei pranzi solenni, come si faceva nella cena pasquale, come facevano i signori che avevano a disposizione la servitù. Gesù è il Signore e quella è una cena di vera e propria liberazione. Lo scandalo sta tutto nei convitati perché si tratta di coloro con i quali la condivisione del pasto significava contaminazione e occasione di impurità. Per rendersi puri e accettabili avrebbero dovuto presentare offerte e fare sacrifici a Dio, tornando a Lui graditi. La religione del tempo di Gesù prevedeva che si fosse già "guariti" con le penitenze e i riti prima di potersi ripresentare a Dio. Era come impedire al malato di accedere al medico, perché in quanto infermo non può incontrarlo; l'ammalato poteva ricevere il medico solo una volta guarito! Ma non accade nulla di tutto ciò. È Gesù a dichiararli puri condividendo il pasto: si fa vicino e offre la guarigione a coloro che sono malati. La sua presenza e la sua guarigione non sono un premio ma un dono. Agli occhi di Gesù il peccatore non appare come un colpevole ma come un paziente. Il primo a patire gli effetti del male scelto - più o meno consapevolmente - è proprio colui che lo commette e che, dunque, è guardato dal Signore con preoccupazione e compassione, con la prima e unica intenzione di portare a guarigione senza ulteriori aggravi di sofferenze e patimenti. La citazione di Osea va interpretata nel senso della preferenza per la misericordia, non dell'annullamento della Legge, che Matteo non cancella ma vede compiuta nel comando dell'amore. Il senso è: non hanno alcun valore i sacrifici se non sei misericordioso col prossimo. Ciò che purifica è la volontà di misericordia di Dio e ciò che "mantiene puri" - se proprio si vuole usare questa espressione - è la pratica gli uni nei confronti degli altri della misericordia che viene da Dio. Così si accoglie e si cerca, si entra e si resta nel Regno dei Cieli. Non a caso il Padre nostro riporta in forma orante proprio questa dinamica e ci fa intuire, in quanto preghiera dei figli insegnata dal Figlio, che non può essere un semplice esercizio ma deve diventare parte integrante dell'identità di ognuno. Per Mt, la citazione va compresa non anzitutto in senso esortativo, ma in senso cristologico: essa illustra il volto di Gesù verso pubblicani e peccatori. Rivolta ai farisei con l'aggiunta del «andate e imparate», vuol dire che Gesù si propone come Colui che sa compiere e compie la Legge e i profeti nell'annuncio e nella pratica della misericordia. Gesù «vuole» la misericordia: essa è un tratto della sua identità e non c'è un altro volto per i peccatori che non sia quello.