Fare di più, fare meglio, fare prima. Mica sono brutte parole. Ammesso che non siano le sole. Allora sono tremende. Ci vogliono anche altre parole. Quelle del dilettante, per esempio. L’amatore.
Il vocabolario del fare per il gusto stesso di ciò che si fa. Senza altra ricompensa che farlo.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. (Lc 2, 18-21)
Il vocabolario del dilettante
Non sarebbe certo male rivalutare il dilettante che c’è in noi.
Per carità, nulla da dire contro la professionalità, anzi, non è mai troppa.
Ma contro la professionalizzazione della vita, invece, qualcosa andrebbe detto.
Fare di più, fare meglio, fare prima.
Eccellenza, qualità, puntualità.
Competizione, riuscita, efficienza.
Mica sono brutte parole. Ammesso che non siano le sole. Allora sono tremende.
Se il discorso della vita ha un vocabolario così ristretto, come si fa a non soffocare?
Ci vogliono anche altre parole.
Quelle del dilettante, per esempio. L’amatore.
Il ciclista della domenica, il musicista per diletto, il pittore a tempo perso.
Il vocabolario del fare per il gusto stesso di ciò che si fa.
Senza altra ricompensa che farlo.
Perdersi nella propria passione, lasciandosi portare dalla gioia del dedicarsi per nessun'altra ragione della bellezza che si incontra.
Ripetere all’infinito lo stesso gesto, percorrere mille volte il solito sentiero, cantare per l’ennesima volta la medesima strofa.
E sentire ogni volta un’aroma differente, cogliendo sfumature e tratti che ancora non si aveva colto fino in fondo.
Girare e rigirare tra le mani la propria passione, scomponendola e ricomponendola mille volte, immergendosi in essa per conoscerla, modellarla e lasciarsi modellare a propria volta.
Scoprirne le leggi, adattarsi ad esse e trasgredirle quando serve senza timore reverenziale.
Godere della libertà di fare senza obiettivo che non sia il gusto della scoperta.
Fare con la scioltezza di chi si concede il lusso di sbagliare con il biasimo, al più, della propria sana e liberante autoironia.
Senza trascuratezze o sciatterie.
L’amatore ha cura. È maniacale, perfino.
Non risparmia e non si risparmia. Sconsiderato nell’investimento.
Al punto di apparire folle agli occhi di chi non conosce il gusto della sua passione.
Come tutti quelli che amano, d'altronde.
Per questo, a volte, fa meglio persino dei professionisti.
C’è un senso che il dilettante vede in quel che fa, che non smette mai di cercare, o produrre forse.
Ma c'è poi così tanta differenza?
Un senso che è la ragione del suo fare.
Ma solo lui lo vede. E ogni volta che ne parla passa per visionario.
Eppure, chissà come, i suoi racconti fanno sempre un po’ innamorare.
Fare di più, fare meglio, fare prima.
Eccellenza, qualità, puntualità.
Competizione, riuscita, efficienza.
Ma serve anche il vocabolario del dilettante.
Di uno che, anzitutto e soprattutto, si diletta e questo gli basta.
Il vocabolario di Maria
Di quel che i pastori raccontano visitando il bambino Gesù, l’evangelista dice che Maria fa due cose.
La prima è stringere a sé tutto quel che ha udito.
Così, letteralmente, il testo di Luca.
Tiene stretto come per proteggere, per non perdere nemmeno un frammento di quel che ha udito.
Afferra perché si imprima indelebilmente nella mente, nel cuore, nella carne.
È un tesoro prezioso di cui avere estrema cura e considerazione.
Come tutto ciò che ha il carattere del dono, le parole dei pastori meritano la meraviglia della giovane di nazaret e la domanda inevitabile dietro ogni presente: perché questo regalo? Che cosa ha dire il donatore? Chi è lui per me e chi sono io per lui?
La seconda operazione, sempre secondo la lettera del testo, è il soppesare, considerare, guardare e rimirare il messaggio portato dai pastori.
Studiare, cercare di comprenderne le parti e le interconnessioni, provare a scomporre e ricomporre, tentare di mettere insieme le cose cercandone di indovinarne il segreto.
In una parola: cercare il senso.
Il modo con cui Maria accoglie il dono ricevuto non è il distacco plastificato di chi teme di stropicciare, ma il coraggio di chi osa esporsi per manipolare e trafficare, coinvolgendosi e imbrattandosi.
Senza lasciar prevalere la preoccupazione di rovinare ma dando spazio alla libertà di gustare un dono bellissimo.
Maria cerca il senso, o si prende la responsabilità di tentare di darne uno.
Senza temere di provare a dire la sua circa la giusta combinazione dei pezzi.
Cercare il senso è roba da dilettanti
C’è chi ama fare propositi di miglioramento costante e non è una brutta cosa se aiuta a crescere.
Ma si può anche farne a meno, preoccupandosi solo di gustare la vita che quotidianamente si presenta a noi, da semplici amatori.
Anzi, perché no? Da dilettanti.
E la vita si gusta accettando la sfida del senso, prima che quella del risultato.
O, se si preferisce, la sfida della Sapienza.
C’è una Sapienza nel vivere che attraversiamo e che si rivela se non smettiamo pazientemente di girararlo e rigirarlo tra le mani, studiandolo, scomponendolo e ricomponendolo.
Una Sapienza che non è misteriosa o nascosta, ma solo rispettosa di quella legge suprema della vita che è il tempo, quello che ciascuno vive con velocità e ritmi differenti.
Affatto riservata a pochi eletti professionisti chiamati a dispensarla con paludata condiscendenza, ma a disposizione di chiunque voglia considerarsene il destinatario.
Di chiunque abbia il coraggio e la responsabilità di scriverla con parole proprie e con intelligenza originale.
Consegnandola come testimone del proprio passaggio.
Pronunciarla richiede un po' di sfrontata leggerezza, quella del dilettante e dell’amatore che prova e riprova con gusto, passione e fascino per la scoperta a comporre ogni volta qualcosa di nuovo.
E tra un tentativo grossolano, uno mediocre e uno eccezionale, osa disegnare il proprio percorso - la propria Sapienza - costruendo un personale e originale senso del vivere.
Non è forse stato vissuto e scritto così il primo Vangelo?
Dilettanti gli evangelisti.
Dilettante Maria.
Dilettante anche Gesù Cristo, il Figlio di Dio.
Riferimenti
«May you just skip the part where you resolve to be better do better and look better this time. May you give yourself the gift of really, really low expectations.»
Nadia Bolz Weber - The corners
«The soundtrack of our lives is the sound of striving. Psychologists, philosophers and behavioural scientists are all coaxing us to strive with variations of the same loop: strive for accomplishment, strive for prosperity, and strive for happiness. We must act fast and slow, or think big and small; be calm, be on edge, eat more, eat less, dance more and sleep more, want more – or less; practise for 10,000 hours or don’t practise at all; be deliberate, habitual, and intuitive, or just simply Zen out to zero. Naturally, we all want to optimise our ways of being. But every once in a while, and for every one of our aspirations, there’s a contrarian voice screaming: Enough already! Can’t we stop succeeding for just one moment? Cease trying to be exceptional at something The answer is yes, but to do so you must embrace your inner amateur.»
Feel free to stop striving: learn to relish being an amateur - Psyche