«Conflitti generazionali». Abramo, Terach e il dilemma di cosa sia essere padre (o madre).
Omelia su Gen 17, 1b-16 (Quinta Domenica dopo Pentecoste - Rito Ambrosiano)
Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso tra voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione, sia quello nato in casa sia quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in casa e chi viene comprato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella vostra carne come alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza». Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie, non la chiamerai più Sarài, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni, e re di popoli nasceranno da lei». (Gen 17, 1b-16)
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Terach, padre di Abramo, è un padrone arrogante, prepotente, egocentrico e possessivo. Lo è a tal punto da aver chiamato uno dei suoi figli Av-ram, cioè «il padre è esaltato».
Che genitore è quello che pensa i figli in funzione della propria gloria?
Benché sia padre, Terach non ha nel cuore e nella mente il futuro di Abramo, ma vive nell’eterno presente di se stesso, padre e padrone.
Dio libera Abramo, chiamandolo a diventare qualcuno.
Dovrà smettere di vivere nell’ombra di Terach, per diventare a sua volta padre.
Tutto un altro genere di padre.
Si chiamerà Avraham, padre di moltitudini,
Una paternità impossibile per la quale Abramo non sarà mai all’altezza. Ma soprattutto una paternità così vasta che non potrà mai diventare l’esercizio di un potere.
Nasceranno re, uomini più grandi di Abramo, che faranno cose più grandi di lui e saranno, forse, anche migliori di lui.
La paternità di Abramo deve passare dall’accettazione di non essere compiuto e perfettamente riuscito, ma di credere che ci sarà un futuro in cui si compiranno cose ben più grandi di lui.
Per non dimenticarlo mai, Abramo deve portare un segno nella carne, una ferita proprio nell’intimo della forza virile e generativa. Abramo è un uomo difettato.
In tempi in cui non si può essere altro che i migliori, sempre e comunque, come si può generare davvero? Se si può essere solo qualcuno di definitivo che non ammette repliche o discorsi ulteriori, come si può lasciare spazio alle generazioni nuove?
Se nella Chiesa si ha spesso la sensazione che tutto sia stato detto e fatto, che le risposte siano già scritte e le scelte già determinate, che le sfide siano giocate altri e non vi siano nuovi sentieri da aprire, come ci si può stupire che “generi sempre meno figli e figlie”?