Ora Gesù, pieno di Spirito santo, ritornò dal Giordano ed era condotto nello Spirito santo nel deserto per quaranta giorni tentato dal diavolo. E non mangiò nulla in quei giorni; e quando furono terminati ebbe fame. Ora disse a lui il diavolo: Se sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane. E rispose a lui Gesù: È scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo! E, portatolo in alto, mostrò a lui tutti i regni del mondo in un istante di tempo. E disse a lui il diavolo: A te darò tutto quanto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata consegnata e la do a chi voglio. Tu dunque, se adori al mio cospetto, sarà tua ogni cosa! E rispondendo Gesù disse a lui: È scritto: Il Signore Dio tuo adorerai e a lui solo renderai culto! Ora lo condusse su a Gerusalemme e lo pose sopra il pinnacolo del tempio e disse a lui: Se sei Figlio di Dio, gettati giù da qui. È scritto infatti: Agli angeli suoi ordinerà circa te di custodirti bene. e: Sulle mani ti alzeranno, che non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede. E rispondendo gli disse Gesù: È detto: Non tenterai il Signore Dio tuo! E, compiuta ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al suo momento. (Lc 4, 1-13)
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Inquadramento del brano (contesto e questioni centrali)
Ci troviamo all’inizio del Vangelo di Luca. Narrati i racconti dell’infanzia, l’evangelista antepone all’inizio del ministero di Gesù un trittico di episodi ricorrenti anche negli altri due Sinottici (Mt e Mc): la predicazione del Battista, il Battesimo di Gesù al Giordano, l’esperienza delle tentazioni nel deserto.
Per quanto in ciascuno dei tre Vangeli possa assumere sfumature specifiche, il tema centrale del trittico resta quello dell’identità di Gesù, la cui comprensione e definizione sono occasione di confronto, scontro, consolazione, disputa, travaglio e illuminazione, tanto per Lui, quanto per i suoi contemporanei.
Le parole del Battista sono un severo termine di paragone; la voce del Padre dal cielo una luce pacificante; i sussurri di Satana nel deserto un artiglio lacerante. Tutto attorno al «nome autentico» dell’uomo di Nazaret.
Il contesto immediato delle tentazioni è il dunque il Battesimo. Gesù ancora grondante dell’acqua del Giordano, del bagno di umanità dolente e peccatrice, dell’immersione corroborante nella paternità di Dio si avvia verso un tempo di travaglio.
Cos’era accaduto al Giordano? Gesù aveva intrapreso una strada precisa, quella di farsi fratello dell’uomo ferito, limitato, peccatore. Il mistero dell’Incarnazione narrato nei Vangeli dell’Infanzia, qui diventa una determinazione. L’essere Figlio prende carne nel farsi fratello e nel non vergognarsi di assumere la stessa veste dei peccatori. Una solidarietà spiazzante rispetto alle parole minacciose di Giovanni («brucerà la pula con fuoco inestinguibile…»).
La scelta di Gesù è confermata dalla voce del Padre. Si tratta di una scelta buona. Esattamente per questo inizia il tempo della tentazione. Le scelte giuste, secondo il cuore di Dio si pagano tutte. L’esattore, però, è il Nemico, non Dio. È il Tentatore che, mettendoci alla prova, cerca di rallentare il passo e sviarlo dalla buona direzione. Come la fatica accompagna chi cammina, così la tentazione insidia chi compie il bene.
La tentazione ha un centro preciso, l’identità: «Se sei figlio di Dio…». La questione è l’essere figlio, ma anche di quale Dio, bisognerebbe aggiungere. Gesù viene attaccato sul modo di impostare le relazioni, perché in quelle si vede l’impatto più forte del modo in cui traduce l’essere figlio e di quale Padre intende esserlo.
Le cose, le persone, Dio stesso e la relazione che Gesù mantiene con tutto ciò sono il campo di battaglia: sarai servo o padrone, dominatore o fratello, sfruttatore o custode, rapace o generoso, riconoscente o pretenzioso, obbediente o parricida?
Nella lotta di Gesù rivediamo la lotta di Israele, della Chiesa, di ogni uomo. Nella risposta di Gesù che rigetta l’idea di un Messia assistenzialista, politico, miracolista possiamo leggere il criterio per orientare la nostra reazione alle tentazioni, tutte le tentazioni.
Qui, infatti, c’è «il culmine di ogni tentazione», quasi il riassunto. Questo è il senso del v.13, con l’espressione: «compiuta ogni tentazione». Il verbo utilizzato (συντελέω) indica non tanto l’interruzione, quanto il condurre a pienezza, arrivare fino alla fine, portare a compimento perfetto. Il massimo dell’esperienza della prova.
Potremmo dire che quella di Gesù è un’esperienza estrema, oppure, che raggiunge e tocca l’estremo della tentazione. Più provato di così, non si può. Nulla gli è risparmiato. La solidarietà con l’uomo provato è totale.
Lectio
1-2. Ora Gesù, pieno di Spirito santo, ritornò dal Giordano ed era condotto nello Spirito santo nel deserto per quaranta giorni tentato dal diavolo. E non mangiò nulla in quei giorni; e quando furono terminati ebbe fame.
La prima cosa che balza all’occhio è il ruolo dello Spirito. Il testo dice che Gesù ne è ricolmo, letteralmente «pieno fino all’orlo» (πλήρης). E poi che il suo andare nel deserto accade «nello Spirito». Quella che Gesù affronta è dunque anzitutto un’esperienza di pienezza divina. È stracolmo di Spirito e vi è immerso senza interruzione. Questo è il luogo della tentazione.
Luca non indugia sul tema del digiuno, semplicemente aggiunge che Gesù non mangiò nulla, quasi a evidenziare lo stato di «pienezza» di cui godeva e per introdurre poi il tema della fame.
Il diavolo opera per tutto il tempo. Quei 40 giorni sono gli anni di Israele nel deserto, è una vita intera. Tutta la vita è sottoposta alla prova. A questo proposito è interessante notare che la parola tentazione (proviene da: πειράζω) in greco significa, trapassare con la punta, oltrepassare, guadare. È dunque qualcosa che segna un passaggio e che determina un cambiamento. È la radice anche di perire, perito, esperienza, esperto. La tentazione è un passaggio di vita o di morte. Quando si passa si nasce a qualcosa di nuovo.
Il Tentatore è il «Divisore», colui che ci separa dalla Parola che dà senso alla vita. Tenta infatti di separare Gesù dalla parola che lo costituisce: «Tu sei il mio figlio amato». La relazione col Padre è in pericolo.
La fame di Gesù giunge «al culmine di quei giorni». Lc usa lo stesso verbo con cui indicherà la pienezza delle tentazioni alla fine del brano. Potremmo dire che toccare la dimensione della fame è un culmine, un limite, un passaggio terminale e di compimento.
La fame indica il bisogno, come la sete, la nudità, la malattia. Noi abbiamo la vita ma non siamo la vita, perciò dobbiamo mantenerla, custodirla, difenderla. È l’istinto di sopravvivenza che ci spinge inconsciamente a cercare tutto ciò che ci serve per vivere. Il «culmine» è l’emergere della non autosufficienza, della dichiarazione di dipendenza.
Colpisce che emerga al termine di un tempo di pienezza. Di questa natura bisognosa il diavolo chiede conto. Lo fa con tre tentazioni che mettono in crisi tre tipi di fame corrispondenti a tre ordini di relazioni: con le cose, con gli uomini, con Dio.
3Ora disse a lui il diavolo: Se sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane. 4E rispose a lui Gesù: È scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo!
È tutta una disputa teologica tra Gesù e il diavolo. Una disputa che diventerà anche una disputa attorno alla Parola, al suo senso e al suo uso.
Più che un dubbio insinuato, quella del diavolo suona più come un’affermazione: «Tu sei il Figlio di Dio, perciò…». Il diavolo suggerisce un modo, uno stile per vivere quella figliolanza. Lo fa con naturalezza, come la logica conseguenza, per nulla appare una trasgressione. «È in tuo pieno potere. Se puoi, vuol dire che non c’è nulla di male». Peraltro il pane è cosa buona e in fondo sarebbe a fin di bene: sopravvivere. Ma guai al «fin di bene»! Maschera sempre un male.
Il male mascherato è un’autosufficienza che prescinde dal ricevere il necessario dalle mani del Padre. Che piega le leggi del mondo a proprio uso e consumo. Che colloca il nutrirsi fuori dalla dinamica della condivisione, ponendolo piuttosto sul piano esclusivamente individuale. Che spinge a farsi consumatore e sfruttatore del creato senza rispetto alcuno.
Il male mascherato è anche, indirettamente, la narrazione di un Dio, di cui Gesù sarebbe figlio, che anziché servire, domina e spadroneggia sulla creazione, che anziché donare e donarsi, pretende e arraffa quando crede e quanto desidera.
Qual è il senso della risposta di Gesù? Non certo quello di rinunciare al pane. Del nutrimento non si può fare a meno. Piuttosto, si tratta di non porre la soddisfazione del bisogno come primo, unico e ultimo obiettivo della vita. Si vive di pane e di Parola. Senza l’uno si muore, ma anche senza l’altra.
Tanto che quando il bisogno non è illuminato dalla Parola, si vive accumulando, inseguendo la garanzia della sopravvivenza, guardando all’altro come un nemico. La Parola illumina i beni mostrandoli come doni offerti da un Padre, che invita a dividerli tra fratelli. Quando la si spegne, anziché servo divengo padrone e non esito ad uccidere pur di salvare il “mio” pane che così diventa avvelenato e occasione di morte, anziché nutrimento vitale.
L’ansia da accumulo, che ci rende posseduti da ciò che crediamo di possedere, si vince solo con la Parola che accompagna il pane.
5E, portatolo in alto, mostrò a lui tutti i regni del mondo in un istante di tempo. 6E disse a lui il diavolo: A te darò tutto quanto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata consegnata e la do a chi voglio. 7Tu dunque, se adori al mio cospetto, sarà tua ogni cosa! 8E rispondendo Gesù disse a lui: È scritto: Il Signore Dio tuo adorerai e a lui solo renderai culto!
Il diavolo porta in alto Gesù, Lui che era sceso nel punto più basso dell’umanità, mettendosi in fila coi peccatori. Tiene il mondo con un colpo d’occhio e in una frazione di secondo. Il potere massimo possibile.
Stavolta non comincia affermando «Se sei il Figlio di Dio». La proposta è esattamente opposta. Il diavolo si propone come padre, offrendogli l’eredità dei suoi possedimenti.
La promessa è quella di diventare «un dio in terra».Per satana, essere Dio consiste nell’avere potere su tutto e su tutti, compiacersene usandolo, nutrendosi della devozione, del timore, del rispetto degli uomini.
Spinge a Gesù di inchinarsi. Domanda il gesto di piegarsi fino a terra. Gli chiede di «baciare il terreno dove cammina». Questo che schiaccia, prostra, umilia è il dio secondo il diavolo.
Dopo l’avere, ecco il potere, l’idea di divinità che satana offre a Gesù. Non è difficile ottenerlo, basta adorarlo, vendersi ad esso, farsi suo servitore. Non occorrono doti per avere molto potere, la storia ce lo racconta con evidenza.
Il nucleo della tentazione sono le relazioni con gli altri uomini. Il potere è una questione di relazioni e le relazioni spesso sono una faccenda di potere.
Dominare o servire?
Ogni volta che si fa dell’altro un oggetto, che lo si piega ai propri bisogni, che lo si ricatta, lo si sfrutta, lo si tiene sotto scacco, lo si umilia, lo si emargina, lo si giudica, lo si manipola, lo si inganna… Sono occasioni in cui adoriamo colui che spaccia per divinità il potere sugli uomini.
Gesù rigetta decisamente, scegliendo di adorare Colui che solleva, consola, nutre, guarisce, dà la vita e invita a chiamarsi fratelli facendosi servi gli uni del bene dell’altro.
Se pensiamo spesse volte anche il mondo ecclesiale scambi l’avvento del Regno con il dominio sul mondo, la difesa di spazi di potere, l’applicazione di strategie vincenti che pieghino le teste alle verità cristiane, c’è da inquietarsi.
9Ora lo condusse su a Gerusalemme e lo pose sopra il pinnacolo del tempio e disse a lui: Se sei Figlio di Dio, gettati giù da qui. 10 È scritto infatti: Agli angeli suoi ordinerà circa te di custodirti bene. 11 e: Sulle mani ti alzeranno, che non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede. 12E rispondendo gli disse Gesù: È detto: Non tenterai il Signore Dio tuo!
L’ultima tentazione riguarda Dio. È la fame ultima, quella più radicale.
Il diavolo invita Gesù a disporre del Padre a proprio uso e consumo. Lo spinge a rompere il legame di fiducia sottoponendolo alla prova. La prova d’amore è la fine dell’amore che domanda di essere sempre e solo creduto.
Satana spinge Gesù a rivaleggiare con Dio, a spadroneggiare sul suo amore, a governarlo nel modo di essergli Padre.
La risposta di Gesù è in linea con le altre due precedenti ed ha ancora la sostanza di una dichiarazione di identità. Davvero è ripieno di Spirito, quello in cui si conosce Figlio e per cui vede il volto del Padre. Gesù vive nella totale fiducia per il Padre e ne prende tutti i tratti e i connotati. Rifiutandosi di manipolarlo asservendolo ai propri interessi.
Nell’ultima tentazione non è difficile rivedere quella dell’uomo religioso, che con la propria pia condotta intende muovere Dio a proprio piacimento…
E, compiuta ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al suo momento.
Fino al «καιροῦ», l’occasione buona, il momento giusto, la situazione perfetta. C’è un richiamo forte alla preghiera nell’orto, ma non si tratta di una tregua armata fino ad allora. Piuttosto il modo per dire che la lotta resta aperta.
Meditatio
Perché non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare. (AL 89)
«Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (1 Cor 13,2-3)
«Crescita», «Consolidamento», «Approfondimento» dell’amore coniugale, dice AL come elementi imprescindibili per un cammino autentico. Forse andrebbero riferiti a ogni storia d’amore, di qualunque qualità quell’amore sia, purché di amore si tratti.
1. Crescita - Il tempo della prova
C’è un modo di affrontare la prova nel vivere le relazioni che non sa di Pasqua cristiana e che non crede alla presenza dello Spirito che riempie anche noi come riempiva Gesù nel deserto.
È quello che fugge la tribolazione nascondendo lo sporco sotto il tappeto. Quello è il trasformare le pietre in pane. Il tentativo goffo di cavarsela da sé credendo che quella sia la soluzione alla fame, piuttosto che un Padre che dà ogni cosa necessaria.
La prova è il momento il cui alle relazioni si dà l’occasione di “andare oltre”, nascendo a qualcosa di nuovo e inaspettato. Nella prova occorre restare.
È importante imparare ad affinare i sensi, ascoltando l’intera nostra umanità. La fame di Gesù emerge in un tempo di pienezza. Quali capacità di attenzione alle “pienezze” abbiamo nei tempi di prova?
2. Consolidamento - La rinuncia al possesso
Il Vangelo sembra affermare che diventa solido ciò che accetta di essere debole.
Un percorso importante perché una famiglia cresca è l’ascolto delle dinamiche di forza-debolezza in essa presenti.
Da ricordare che l’ascesi migliore che possiamo applicare è la rinuncia a governare l’altro nella relazione.
3. Approfondimento - La Parola che nutre
Con cosa illuminiamo, diamo sostanza e consistenza al nostro affetto?
Quali passi concreti siamo disposti a fare per consentire alla Parola di nutrirci?
Contemplatio
Possiamo custodire l’immagine di Gesù pieno di Spirito e in esso immerso, contemplando la bellezza di un Dio che colma la nostra esistenza anzitutto di sé e poi di ciò che ci è necessario, circondandoci, avvolgendoci, custodendoci senza lasciarci mai in balia del male.
Possiamo anche ammirare l’immagine di Gesù che si fa Figlio e ci guarda come fratelli dei quali porsi al servizio e con i quali essere solidale in ogni passaggio della vita, specie in quelli più faticosi.
Possiamo contemplare nella dignità, nella determinazione, nella sapienza di Gesù i frutti dello Spirito e di una Vangelo accolto e vissuto pienamente.